18 maggio 2016

Dalle Province agli Enti di governo di area vasta

di Gaetano Palombelli, UPI

La legge 56/2014 ha avviato il superamento dell’ordinamento provinciale uniforme ereditato dagli albori dello Stato unitario, attraverso l’istituzione delle Città metropolitane (ad oltre 20 anni dal loro annuncio) e la trasformazione delle Province in enti di secondo grado.

Il Governo politico di secondo grado delle Province è stato introdotto ormai in tutte le regioni a statuto ordinario e si completerà tra qualche settimana con il rinnovo degli organi delle 7 Province in scadenza nel 2016. Parallelamente è stato avviato il riordino degli enti di area vasta anche nelle regioni a statuto speciale, con soluzioni differenziate che comunque configurano gli enti di area vasta come enti di derivazione comunale.


Ai Sindaci e agli amministratori comunali la legge 56/14 chiede di riordinare tutto il governo locale, sia di prossimità che di area vasta, con l’obiettivo di costruire un sistema unitario ed integrato delle autonomie locali, che sia realmente capace di superare i conflitti e le difficoltà attuali.

La Corte costituzionale, nella sentenza 50 del 2015, ha considerato coerente con la Costituzione vigente la legge 56/15, in quanto rientra nella competenza dello Stato disciplinare «legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali» delle Province e gli altri aspetti di disciplina degli enti di area vasta.

Le funzioni di area vasta che stanno emergendo nell’attuazione della legge 56/14, anche a livello regionale, sono di tre tipi.

A)     Funzioni di area vasta, a partire dalle funzioni fondamentali oggi riconosciute dalla legge 56/14, come le funzioni di programmazione e pianificazione e le funzioni di tipo gestionale su viabilità, edilizia scolastica e ambiente, che devono essere rilette in una prospettiva in cui l’area vasta diventa un “hub” delle autonomie locali per mettere a fattor comune risorse e competenze.

B)  Funzioni delegate dalle leggi regionali, nelle materie di competenza regionale, laddove la Regione ritenga che il livello ottimale per l’esercizio delle funzioni amministrative sia quello dell’area vasta assicurando le risorse necessarie e le forme di gestione più adeguate a garantire i servizi ai cittadini e ai territori.

C)     Funzioni trasversali di supporto ai Comuni (come le centrali di committenza e le stazioni uniche appaltanti, l’assistenza tecnica, la raccolta dati e la statistica, i sistemi informativi, l’avvocatura, gli uffici Europa, la gestione unitaria di procedure selettive e concorsi, ecc.) che possono offrire una grande prospettiva di qualificazione dei servizi e degli investimenti pubblici locali.

Queste diverse funzioni devono trovare una necessaria copertura finanziaria che, a regime, può essere realizzata da una riforma del sistema di finanziamento degli enti di area vasta, con il passaggio da un sistema fondato su tributi propri ad un sistema di finanza derivata che tenga conto del nuovo assetto costituzionale.

La riforma costituzionale che sarà sottoposta a referendum confermativo nel mese di ottobre, abolendo le Province dalla Costituzione, offre una coerente copertura al processo di riordino degli enti locali avviato con la legge 56/2014, prevedendo che i territori non ricadenti in Città metropolitane siano amministrati dagli Enti di area vasta, così come disciplinati dal legislatore statale e dal legislatore regionale[1].
La forma di Stato della Repubblica è semplificata: da 4 livelli di governo in conflitto (Comuni, Province/Città metropolitane, Regioni, Stato) si passa a 3 livelli di governo (Comuni/Città metropolitane, Regioni, Stato) che devono cooperare tra di loro.
Il governo politico delle autonomie locali è ricomposto in capo ai Sindaci, attraverso i Comuni, le Città metropolitane e gli Enti di area vasta, che si configurano ormai come “Case dei Comuni” nelle quali è possibile superare la logica della “amministrazione ente per ente” ed adottare moduli di “amministrazione condivisa”.
Le assemblee dei Sindaci delle aree vaste (e delle aree metropolitane) possono diventare lo snodo per consolidare il processo di razionalizzazione della spesa pubblica territoriale e per migliorare svolgimento delle funzioni pubbliche a livello locale, attraverso la condivisione tra Comuni ed enti di area vasta dei servizi strumentali come le stazioni appaltanti, il riordino del sistema dei servizi pubblici locali, la promozione delle unioni o fusioni tra Comuni.

Le Regioni, se sarà approvata la riforma costituzionale, “fatti salvi i profili ordinamentali generali relativi agli enti di area vasta definiti con legge dello Stato” (che oggi si trovano nella legge 56/14), potranno adottare le “ulteriori disposizioni” per individuare le funzioni e le dimensioni più adeguate dei nuovi enti di area vasta (visto che è abrogato l’articolo 133, comma 1, della Costituzione) adattando il modello statale della “Casa dei Comuni” alle loro specificità, in modo da costruire un equilibrio tra i diversi territori.

Nella definizione del numero e delle funzioni degli enti di area vasta sarà indispensabile salvaguardare l’identità storico-culturale ed economico-sociale delle comunità locali, tenendo conto del fatto che in tutti i paesi europei esiste un livello di governo intermedio che presenta caratteristiche peculiari, per dimensioni, sistemi di governo, funzioni e risorse.

In Italia, visto che il 70% della popolazione non vive nelle grandi aree metropolitane, i nuovi Enti di area vasta dovranno contribuire a dare pari dignità sociale e pari condizioni di accesso ai servizi ai cittadini dei loro territori, in modo che il capitale sociale sia accumulato e distribuito con intelligenza, valorizzando le autonomie come risorsa essenziale per lo sviluppo equilibrato del Paese.






[1] Art. 40, comma 4
(Disposizioni finali)
4. Per gli enti di area vasta, tenuto conto anche delle aree montane, fatti salvi i profili ordinamentali generali relativi agli enti di area vasta definiti con legge dello Stato, le ulteriori disposizioni in materia sono adottate con legge regionale. Il mutamento delle circoscrizioni delle Città metropolitane è stabilito con legge della Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la Regione.