Presidente Legautonomie Lazio
Confindustria ha
recentemente presentato il proprio progetto per l’Italia “Crescere si può, si
deve” in cui indica la ricetta per far tornare alla crescita economica il
nostro paese. “In vista dell'imminente tornata elettorale,”
propone “un progetto di ampio respiro,
insieme ambizioso e realizzabile, fatto di azioni di rilancio economico e
sociale del Paese. Un progetto complesso con proposte serie e obiettivi chiari
e quantificati, perché non bastano poche singole misure per risollevare
l'Italia e sottrarla alla stagnazione. … Un disegno di politica economica, in cui tutte le misure si legano tra
loro in modo coerente, e perciò va realizzato nella sua interezza, senza
prendere ciò che più piace e trascurare quello che non fa comodo.”
In esso
si afferma che “non guarda al consenso,
ma alla crescita, che dice la verità su quello che serve per il bene del Paese”.
Per l’economia si propone “una vera e
propria terapia d'urto, che deve segnare una forte discontinuità e produrre
effetti economici immediati. Dobbiamo rendere nuovamente competitive le nostre
imprese, abbattendo i costi e sostenendo gli investimenti.” Afferma inoltre che alla terapia
economica “si deve necessariamente
accompagnare un processo di riforme da avviare contestualmente e senza ritardo,
sul quale ci aspettiamo che tutte le forze politiche prendano un impegno,
perché è ora di cambiare il volto del Paese. A partire dalle Istituzioni. Abbiamo
bisogno di un'Italia veramente liberale, di uno Stato che arretri nel suo
perimetro, lasci spazio ad una sana concorrenza dei privati e che per primo
applichi la legge, pagando i propri debiti e rispettando i diritti dei
cittadini e delle imprese. È necessario:
• riformare il Titolo V della Costituzione
riportando allo Stato le competenze su materie di interesse nazionale e
riducendo i livelli di governo, per rendere finalmente gestibile il nostro
Paese;
• riorganizzare la Pubblica
Amministrazione, che deve essere al fianco delle imprese e non invece contro di
loro;
• affermare lo stato di diritto,
tutelando cittadini e imprese dagli abusi compiuti da qualunque organo
pubblico;
• ridurre le regole, perché non è
con più regole che si rilancia l'economia;
• semplificare per rimuovere
tutti gli ostacoli al fare impresa;
• rendere effettivamente
flessibile il mercato del lavoro;
• ridurre il peso del fisco sulle
imprese e migliorare i rapporti tra i contribuenti e l'Erario.
Creare insomma un nuovo contesto, che
assecondi le attività delle imprese e non le ostacoli.”
Il
Centro studi di Confindustria ha quantificato che se la Pubblica
amministrazione riducesse la sua inefficienza dell’1%, ci sarebbe un aumento
del P.I.L. procapite dello 0,9% ed inoltre le aziende a partecipazione estera
aumenterebbero gli addetti dello 0,2% rispetto al totale degli occupati del
settore privato. Anche la Commissione europea ha valutato l’impatto reale del peso
della burocrazia sulla crescita economica in 73 miliardi di euro, pari al 4,6%
del P.I.L.
Il piano è certamente “apprezzabile ed ambizioso” tuttavia non
è nostro compito esprimere giudizi nel merito del complesso delle proposte di
natura economica e di politica industriale ma i dati macroeconomici di cui
sopra confermano la rilevanza e l’urgenza di dare concretezza ai titoli di
riforma istituzionale in esso evocati.
Le
azioni di riforma istituzionale, ma anche di stimolo all’economia e di
definizione di una moderna politica industriale, non sono tutte collocate in
capo allo Stato ma vedono coprotagoniste di rilievo le Regioni.
In
questo ambito e con questa prospettiva riteniamo riproporre all’attenzione dei
candidati Presidenti della Regione Lazio e delle forze politiche regionali
alcuni temi sollevati da Legautonomie Lazio, nei mesi passati, attraverso
questa rivista e con numerosi incontri pubblici e che qui di seguito
riassumeremo.
Riorganizzare
la Pubblica Amministrazione e i livelli di governo
Un
recente studio dell’AICCRE Federazione regionale del Lazio in collaborazione
con la fondazione Reset ha censito nel Lazio dodici livelli di Governo
territoriale (Comunità montane, Unioni di Comuni, Università agrarie, Consorzi
di bonifica, Enti parco, Riserve e Aree protette, Consorzi intercomunali –
acqua, rifiuti ed altri – Consorzi industriali, Bacini imbriferi montani e
Gruppi di azione locali) per complessivi 214 enti a cui devono essere aggiunte
le Aziende sanitarie locali, i Distretti socio-sanitari, i Comuni, le Province
e la Regione. Agli enti di governo devono essere aggiunte le società operative
di proprietà della Regione, delle Province e dei Comuni.
Al
fine di semplificare questa complessa selva di istituzioni e società, negli
anni sono stati posti a disposizione della Regione e degli Enti locali numerosi
strumenti normativi che, dapprima favorivano e poi, imponevano la soppressione
(le Comunità montane) o la riorganizzazione (i Comuni di ridotta dimensione
demografica e le Province) di alcuni dei livelli di governo nonché delle
modalità attraverso le quali vengono esercitate le funzioni ed erogati i
servizi (gestioni associate obbligatorie, ambiti ottimali, società). Dette
opportunità in passato non sono state colte!
Ai
fini della riorganizzazione della governance
territoriale del Lazio come Legautonomie Lazio riteniamo che devono essere
poste in essere norme ed atti basati sui seguenti principi:
1. assegnazione delle funzioni per
l’intero processo ad un solo attore istituzionale, in relazione al livello
territoriale di giurisdizione, evitando frammentazioni e sovrapposizioni di competenza;
2. assegnazione alle autonomie
territoriali delle funzioni di regolazione, di programmazione e di
redistribuzione del reddito;
3. divieto per i titolari delle competenze
di regolazione e di programmazione delle specifiche funzioni di gestire le
stesse in modo diretto;
4. erogazione, da parte dell’ente
titolare, delle funzioni assegnate attraverso strutture distinte e
completamente autonome. Non dovrà essere ammessa la gestione in economia, sia quando si tratta di funzioni
relative alla produzione e/o distribuzione di beni intermedi sia di beni finali
destinati ai cittadini come consumatori individuali o come consumatori
collettivi;
5. il cittadino in quanto utente del
servizio, in forma singola o collettiva, dovrà essere messo in condizione di:
·
avere
conoscenza e percezione diretta del reale costo del servizio o funzione;
·
avere
conoscenza diretta della quantità di fiscalità generale utilizzata per
garantire l’accesso universale alle singole funzioni, per la competitività
territoriale, per gli investimenti infrastrutturali o per le spese di governance;
Nella
definizione della nuova ripartizione amministrativa regionale non dovrà essere
la dimensione ottimale della produzione e dell’erogazione dei servizi né quella
della programmazione economica ed infrastrutturale a determinare la dimensione
degli ambiti comunali e d’area vasta. Questa dovrà essere determinata, il più
possibile, in considerazione dell’omogeneità socio economica, delle esigenze,
delle aspettative e delle potenzialità dei singoli ambiti e delle popolazioni
in essi ricomprese. Infatti da un lato dovranno trovare forma organizzativa,
gli interessi, le aspettative e le esigenze delle singole comunità locali
attraverso le Istituzioni (Comuni, Province, Città metropolitana e Regione)
dall’altro lato dovrà essere organizzata la produzione ed erogazione dei
servizi e delle funzioni attraverso strutture, pubbliche o private, che rispondano
ai principi di efficacia ed efficienza economica.
In
questa costruzione istituzionale la dimensione della collaborazione per ambiti
ottimali deve vedere sempre più la contrazione della caratteristica
territoriale (istituzioni contigue ed appartenenti ad ambiti amministrativi
predefiniti) e l’espansione di quella funzionale in relazione ad elementi di
sviluppo economico e sociale, attraverso sistemi a rete di amministrazioni
pubbliche finalizzati al conseguimento di obiettivi comuni.
In questa ottica con riferimento
alla dimensione degli ambiti amministrativi comunali non riteniamo che devono
essere attuate particolari azioni di riorganizzazione, mentre per quanto
riguarda la riorganizzazione territoriale regionale d’area vasta è possibile
immaginare una soluzione capace di superare gli squilibri esistenti, rendere
protagonisti i singoli territori valorizzandone le potenzialità e avviare una
nuova stagione di decentramento che ridisegni la governance della Regione al fine di renderla più competitiva ed in
grado di mettere a disposizione dei suoi abitanti pari opportunità di crescita
e servizi accessibili di qualità e quantità omogenee su tutto il suo territorio
per una migliore qualità della vita. Una ipotesi di riordino delle Province che
non parta dall’attuale suddivisione amministrativa ma che tenga conto di come
si sviluppano i fenomeni economici e metropolitani nella regione.
Diventa così
possibile realizzare una regione suddivisa tra la Città metropolitana di Roma
Capitale, comprendente la Capitale ed i suoi due aeroporti con una popolazione
di circa 2.900.000 abitanti e quattro nuove Province:
·
la
prima comprendente, orientativamente, il triangolo a nord ovest della Regione
Lazio, a un lato il Tirreno (da Montalto di Castro a Ladispoli) a un’altro la
riva destra del Tevere ed un vertice in Roma Capitale, con una popolazione di
circa 650.000 abitanti e le cui polarità economiche sono quelle legate in modo
particolare al turismo (Civitavecchia, Cerveteri e Tarquinia, il litorale, i
laghi e il Tevere, la città di Viterbo, il sistema termale, il polo motoristico
di Campagnano di Roma, il sistema dei parchi), all’industria energetica
(Civitavecchia e Montalto di Castro), all’industria agro alimentare, ai centri
di ricerca (la Casaccia), alla portualità e alla logistica (Civitavecchia,
Fiano Romano, Capena) all’audiovisivo (Formello);
·
la
seconda a nord est ricompresa tra la riva sinistra del Tevere, la valle
dell’Aniene e la catena appenninica dei Sabini con una popolazione di circa
500.000 abitanti e le cui polarità economiche sono quelle legate in modo
particolare al turismo (la montagna e le stazioni sciistiche, il sistema
lacuale reatino e quello dei fiumi, le vie della fede e il circuito dei
conventi, Tivoli e le sue ville, il sistema termale, il sistema dei parchi), all’industria
elettronica e aerospaziale (Tiburtina valley,
Cittaducale, Rieti), all’industria estrattiva (Guidonia Montecelio, Tivoli), alla
logistica (Fara Sabina, Montelibretti, Monterotondo, Tivoli, Guidonia
Montecelio), ai centri di ricerca (Montelibretti, Monterotondo);
·
la
terza che, partendo dalla valle dell’Aniene, ricomprenda la valle del fiume
Sacco con una popolazione di oltre 650.000 abitanti e le cui polarità
economiche sono quelle legate in modo particolare al turismo (la montagna e le
stazioni sciistiche, Fiuggi, Valmontone, i Lepini e la valle del Sacco, le vie
della fede e il circuito dei conventi, il sistema termale, il sistema dei
parchi), all’industria aeronautica e aerospaziale (Colleferro), all’industria
chimico farmaceutica (Frosinone);
·
la
quarta che comprenda i Castelli romani e le pianure della bonifica pontina fino
al litorale d’Enea con una popolazione di oltre 1.100.000 abitanti e le cui
polarità economiche sono quelle legate in modo particolare al turismo (I
Castelli romani, i Lepini, il mare, il sistema dei parchi, le vie della fede e
il circuito dei conventi, il sistema termale), all’industria aerospaziale
(Frascati), all’industria chimico farmaceutica (Pomezia), ai centri di ricerca
(Frascati).
In
questo modo avremo una Regione con territori bilanciati (la Città metropolitana
di Roma Capitale peserebbe allo stesso modo del resto dei territorio
regionale); le singole Province non sarebbero polarizzate ma policentriche e
tutti i diversi territori avrebbero il giusto rilievo e le stesse possibilità
di sviluppo; la Regione Lazio, che assumerebbe in toto un ruolo metropolitano, potrebbe
svolgere una concreta funzione di programmazione e coordinamento territoriale anche
attraverso il rilancio del processo di decentramento amministrativo fermo da
troppi anni. Contestualmente si dovrebbe riavviare il processo di decentramento
amministrativo di Roma Capitale attraverso la trasformazione dei Municipi in
Comuni metropolitani.
Risorse
europee e protagonismo degli Enti locali
Parallelamente
all’azione di ridefinizione alla governance
territoriale, ai fini del rilancio economico regionale, la Regione dovrà
promuovere e favorire un nuovo protagonismo delle Amministrazioni locali nella
programmazione ed utilizzazione delle risorse europee a livello regionale. Un
nuovo protagonismo che porti alla redazione dei Programmi Operativi Regionali,
da presentare a Bruxelles a metà 2013 e che siano il frutto di un percorso
decisionale serio, condiviso e creativo in piena aderenza con le prescrizioni
del regolamento per i prossimi fondi strutturali (FESR, FSE) che spinge nella
direzione di alleanze multilivello e di una condivisione da parte di Comuni,
Regioni e Governo di piani di interventi che siano l’esito di una reale
concertazione territoriale. Un’azione che dovrà favorire lo sviluppo di un
nuovo scenario regionale caratterizzato da un’effervescenza dei sistemi: uno scenario dove più sistemi
territoriali, integrati e dinamici, devono essere in grado di rispondere alla
crescente domanda di progettualità che promana dalle società locali ed è orientata
ai risultati e di portare avanti progetti condivisi dal territorio finalizzati
ad una crescita efficiente, coerente, responsabile ed equilibrata. Un’azione
che dovrà accompagnare i processi per la creazione di una rete regionale di amministrazioni
locali che:
·
assumano
come propri, nell’ambito delle specifiche competenze, i cinque obiettivi
definiti dalla Unione Europea nell’ambito della strategia Europa 2020;
·
adottino
un riferimento programmatico, progettuale e di governance multilivello e di tipo strategico funzionale a integrare
gli interessi, le specificità e le eccellenze dei territori;
·
favoriscano
l’effettivo coinvolgimento del partenariato istituzionale degli Enti locali nel
processo di impostazione, analisi e applicazione del quadro normativo
comunitario e quindi, nella definizione e programmazione delle policy e degli interventi dell’agenda
2014-2020 regionale, rendendo immediatamente operativi i nuovi strumenti
previsti e successivamente nella fase di attuazione degli interventi, in modo
da consentire alle amministrazioni locali di svolgere adeguatamente le loro
funzioni attuative e di contribuire al raggiungimento degli obiettivi di Europa 2020.
A
nostro avviso, questa può essere la risposta che gli amministratori locali e
regionali possono dare per raccogliere la sfida lanciatagli con il manifesto “Crescere si può, si deve” al fine di far
svolgere anche al Lazio ed alle sue amministrazioni locali un ruolo da
protagonisti per la ripresa economica e per l’innovazione istituzionale della
nostra regione.