31 gennaio 2013

Enti locali e riforma dei fondi strutturali 2014-2020: come usare al meglio le risorse dell’Unione Europea

di Pier Paolo Inserra, Parsec Consortium. 
Stanno progressivamente diminuendo le risorse economiche destinate agli enti locali.  Manca una visione di lungo respiro, mancano le condizioni per praticarla davvero. Ci troviamo in una fase di passaggio che bisogna cercare di governare, almeno in parte. Il prossimo è l’ultimo anno in cui si potrà fare riferimento ai programmi-quadro attuali dell’Unione Europea. Poi, se non ci muoviamo nella direzione giusta, rischiamo che arrivi il buio.

I cambiamenti prodotti da Bruxelles a cui andremo incontro sono dirompenti e bisogna padroneggiarli: dal secondo semestre del 2013 avremo a che fare con fondi europei, centrali, regionali e locali di ingente portata. Europa 2020, infatti, non rappresenta esclusivamente un obiettivo.

E’ qualcosa di più. E’ un atteggiamento culturale, un’allegoria che riguarda come governare e non solo quali mete raggiungere.  Per arrivare ad Europa 2020 gli enti locali e le istituzioni devono essere in grado di agire, da adesso. Nella nostra regione abbiamo utilizzato i finanziamenti europei – derivanti, non lo dimentichiamo da una serie di politiche fiscali che  produce ogni stato-membro –  a singhiozzo e senza mai avere effettuato  una riflessione seria per generare una  progettazione continua e partecipata.

Sono quattro  le dimensioni che un ente locale dovrà   tenere presenti nell’immediato futuro: pena un ulteriore isolamento in una fase di crisi strutturale che influenza la qualità delle politiche pubbliche locali.

Ruolo di interfaccia – Gli amministratori, gli operatori della pubblica amministrazione, i funzionari, dovranno sempre più abbandonare l’idea di rappresentare figure apicali e primarie nella gerarchia di relazioni di un territorio.  Per concentrarsi – come referenti istituzionali – su una funzione di interfaccia.  Il che vuol dire, in poche parole, non più pensare di governare dall’alto processi e azioni politiche, bensì di stare tra, di attivare, facilitare, negoziare, mediare in un rapporto circolare con più attori territoriali istituzionali e non (associazionismo, gruppi informali di cittadini , associazioni di categoria, imprese sociali, etc.).

Competenze – Nell’arco dei prossimi mesi è necessario come non mai tentare un investimento  concreto nella direzione di una formazione di network locali in grado di progettare con l’Unione Europea.  Vanno conosciuti contenuti strategico-culturali, politici, formali e procedurali della nuova programmazione, mettendo in condizione un nucleo funzionale di operatori e di personale interno alla pubblica amministrazione ed al territorio di specializzarsi ed aggiornarsi in tal senso.

Patto locale – Le partnership non riguarderanno solo il livello transnazionale.  Bisognerà dimostrare, per accedere ai fondi, di avere creato delle reti stabili di soggetti pubblici, del mondo dell’impresa, dell’economia sociale, della ricerca scientifica, dell’associazionismo che lavorino continuamente per la comunità locale di appartenenza.  Siamo in grado sin da ora di rafforzare esperienze già esistenti o di prepararci ex-novo a stimolarle?

Area-distretto per lo sviluppo – Non basta il singolo ente locale, se non quando rappresenta territori vasti e diverse centinaia di migliaia di cittadini, a promuovere progettazione.  Vanno sviluppate lobby, bisogna fare cartello, costruire delle alleanze con altri enti locali.  Sarà il concetto di area-sistema (mediato dall’appartenenza alla stessa filiera industriale, culturale, storico-geografica, simbolica) a prevalere su quello di Comune. Non possiamo improvvisarci esperti di progettazione europea, né farcela da soli.  Servono compagni di viaggio, ampie comunità e territori da rappresentare per avere la sufficiente “consistenza” e legittimazione.

BOX – I nuovi programmi-quadro per gli enti locali
La prima considerazione da fare riguarda la necessità di programmare almeno nel medio periodo (3 anni) progettualità ed azioni specifiche da sviluppare con l’UE. Le combinazioni possibili sono tantissime: ambiente, comunicazione, cooperazione, cultura, energia, istruzione, istituzione, governance, formazione, ricerca, sicurezza, servizi alle imprese, trasparenza, etc..  Ogni Comune dovrebbe, in raccordo con una serie di altri enti locali ed attori del territorio, pensare a cosa progettare negli anni a venire e rispetto a quali politiche pubbliche principali.  Citiamo solo alcuni programmi-quadro interessanti: Diritti e cittadinanza, Fondo asilo e migrazione, Europa creativa, Erasmus per tutti, Programma consumatori, Horizon, Programma europeo per il cambiamento e l’innovazione sociale. 

Nei prossimi mesi Legautonomie, in collaborazione con Parsec e la rete internazionale REVES, attiverà dei percorsi laboratoriali di specializzazione nella progettazione europea rivolti ad amministratori, funzionari ed operatori. Si tratta di un investimento obbligato se non si vuole rischiare una deriva localista ed autoreferenziale, oltre ad un’inutile perdita di tempo nell’elaborare proposte che non abbiamo una reale dimensione europea.