di Maria Enrica Rubino
Se l'esito del Referendum del 4 dicembre dovesse essere positivo, alcune
materie di competenza delle Regioni diventerebbero di competenza esclusiva
dello Stato, anche se tra i promotori del No c'è chi afferma che la definizione
delle stesse non sia netta. Professore, in che modo inciderebbe la Riforma
sull'aspetto dell'autonomia delle Regioni?
«L’aspetto chiave della Riforma non è tanto il cambiamento degli
elenchi di materia, ma il nuovo Senato. Nessun elenco di materie, per quanto
migliorato, sarebbe risolutivo se non si avesse un Senato composto da una larga
maggioranza di consiglieri regionali, in grado di prendere posizione sulla
legislazione e prevenendo, quindi, i conflitti davanti alla Corte costituzionale»
Stando alle critiche di alcuni sostenitori del No, la cosiddetta “clausola
di supremazia” comporterebbe uno “strapotere” del Governo. A Suo avviso,
potrebbe esserci un rischio concreto in tal senso?
«Anche negli Stati federali è prevista una clausola di tale tipo. Gli
elenchi di materie non possono funzionare a prescindere: ci possono essere
istanze unitarie in determinati contesti e periodi che richiedono un’uniformità
complessiva. È quello che di fatto si è realizzato, in modo, però, incerto e
surrettizio con la sussidiarietà legislativa introdotta dalla Corte e con il
coordinamento della finanza pubblica. Molto meglio prevederla esplicitamente e
regolarla»
Perché un amministratore dovrebbe votare Sì al Referendum?
«Perché è da 70 anni che si attende un Senato delle autonomie che dia
responsabilità e dignità nazionale in Parlamento alle Autonomie»
Cosa pensa del ddl ‘Chiti Fornaro’ sul metodo di scelta
dei futuri senatori?
«Penso che sia una delle soluzioni possibili coerenti con il nuovo
dettato costituzionale che vuole i senatori eletti dai Consigli regionali in
conformità alle scelte degli elettori»