La richiesta di parere riguarda la denominazione dei gruppi consiliari. In particolare, ha evidenziato che un consigliere comunale, componente del gruppo monopersonale “Unione di Centro”, risultato unico eletto nella corrispondente lista “Unione di Centro”, ha comunicato di voler modificare la predetta denominazione ed utilizzare il nome di “Democrazia Cristiana”. Il consigliere ha motivato il cambio di denominazione del gruppo di appartenenza in quanto ha accettato l’incarico di commissario provinciale della Democrazia Cristiana e, nella nota indirizzata al presidente del consiglio datata …, ha precisato che il gruppo con la nuova denominazione si colloca sempre nell’ambito della maggioranza di centro-destra che ha sostenuto l’attuale sindaco nelle elezioni. Tale modifica è stata contestata dal Partito “Unione di Centro”, che, pur non negando la possibilità del consigliere di recedere dal gruppo originario di appartenenza, ha ritenuto che tale gruppo consiliare non possa cambiare la denominazione in quanto se si consentisse ciò si verrebbe a costituire un nuovo gruppo consiliare formato da un solo componente laddove l’art.70, comma 3, del regolamento del consiglio prevede il numero minimo di due consiglieri per poter formare un nuovo gruppo consiliare. Il segretario generale ha fatto presente, inoltre, che la presidenza del consiglio comunale ha sempre accolto in passato la variazione di nome dei gruppi consiliari, in ragione del dettato recato dall’art.70, comma 1, del regolamento del consiglio che consente espressamente il mutamento di denominazione del gruppo in corso di mandato. Al riguardo, occorre premettere che l’esistenza dei gruppi consiliari non è espressamente prevista dalla legge, ma si desume implicitamente da quelle disposizioni normative che contemplano diritti e prerogative in capo ai gruppi o ai capigruppo (art.38 comma 3, art.39 comma 4 e art.125 del decreto legislativo n.267/00).
La materia è regolata da apposite norme statutarie e regolamentari adottate dai singoli enti locali nell’ambito dell’autonomia organizzativa dei consigli, riconosciuta dall’art.38 del citato decreto legislativo n.267/2000. In merito giova richiamare la pronuncia del T.A.R. Trentino Alto Adige – sez. di Trento, n.75 del 2009, con la quale è stato precisato che “il principio generale del divieto di mandato imperativo sancito dall’art.67 della Costituzione … pacificamente applicabile ad ogni assemblea elettiva, assicura ad ogni consigliere l’esercizio del mandato ricevuto dagli elettori – pur conservando verso gli stessi la responsabilità politica – con assoluta libertà, ivi compresa quella di far venir meno l’appartenenza dell’eletto alla lista o alla coalizione di originaria appartenenza”. In linea con il principio generale secondo il quale, all’elemento “statico” dell’elezione in una lista si sovrappone quello “dinamico”, fondato sull’autonomia politica dei consiglieri, si ritengono in genere ammissibili anche i mutamenti all’interno delle forze politiche che comportano altrettanti cambiamenti nei gruppi consiliari. Anche il TAR Puglia, sez. di Bari, con sentenza n.506/2005 ha evidenziato che il rapporto tra il candidato eletto ed il partito di appartenenza “… non esercita influenza giuridicamente rilevabile, attesa la mancanza di rapporto di mandato e l’assoluta autonomia politica dei rappresentanti del consiglio comunale e degli organi collegiali in generale rispetto alla lista o partito che li ha candidati.” Nel caso specifico, l’art.40 dello statuto comunale prevede che “i Consiglieri comunali si costituiscono in Gruppi secondo le norme del Regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale”. Ai sensi dell’art.70, comma 1, del regolamento del consiglio comunale, è previsto che “i consiglieri eletti in una medesima lista, qualunque sia il loro numero, costituiscono di norma un gruppo consiliare, anche se la denominazione originaria dovesse modificarsi nel corso della tornata amministrativa”. Il successivo comma 3 del medesimo art.70 dispone che “Se uno o più consiglieri decidono di recedere dal proprio gruppo senza confluire in alcuno dei gruppi esistenti, andranno a costituire un gruppo che si definirà misto di maggioranza oppure misto di minoranza a seconda della collocazione del consigliere o dei consiglieri in questione rispetto ai due schieramenti, a meno che, in numero non inferiore a due, non dichiarino di costituirsi in gruppo con una distinta qualificazione politica …”. Atteso il surriferito quadro normativo e giurisprudenziale, ad avviso della scrivente, il mutamento di denominazione del gruppo appare coerente con la disciplina prevista dal regolamento del consiglio comunale. Ed invero, tale possibilità è stata consentita dal consiglio dell’ente locale in parola che, nell’esercizio della propria autonomia normativa, ha espressamente previsto il cambio di denominazione del gruppo in corso di consiliatura a prescindere dal numero dei componenti del singolo gruppo.
Fronte: Ministero dell'Interno