5 aprile 2013

Affidatarie dirette di servizi pubblici locali e divieti di partecipare a gare

dell'Avvocato Lucia Pitzurra, Acea Spa, Responsabile Presidio Normativo Comunitario, Nazionale, Regionale.  


La materia dei servizi pubblici locali è stata per anni disciplinata dall’art. 113 D.lgs. 267/00 TUEL, poi superata dall’art. 23-bis DL 112/2008 e s.m.i. Con l’abrogazione referendaria del 13 giugno 2011 è venuto meno il principio, perseguito dal citato art. 23 bis e, poi, dall’art. 4 DL 138/2011, conv. dalla L 148/2011, dell’eccezionalità del modello in house per la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (cfr C. Cost. n.199/2012 con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del suddetto art. 4). A decorrere dal 21 luglio 2011 l’art. 23-bis ha cessato di spiegare efficacia giuridica a seguito della pubblicazione del DPR 113/2011 con cui è stato ufficialmente proclamato l’esito del referendum abrogativo sulla G.U.R.I. n.167 del 20 luglio 2011.
Con la sentenza n. 762/2013 della sesta sezione del Consiglio di Stato arriva dal giudice amministrativo la conferma della sostanziale indifferenza, per il legislatore comunitario, della gestione diretta rispetto alla gestione tramite terzi, individuati mediante gara, dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Lo schema della società in house è, pertanto, “utilizzabile” da parte dell’ente locale sulla base dei presupposti e delle modalità stabilite dall’ordinamento comunitario ai sensi dell’art. 107 TFUE (partecipazione totalitaria pubblica, controllo analogo, realizzazione della parte più importante della propria attività con uno o più enti che la controllano) presupposti e modalità meno stringenti di quelle introdotte dall’ordinamento interno e ora abrogate, in quanto l’ordinamento comunitario non ha mai espressamente ed univocamente affermato che per i servizi pubblici locali di rilevanza economica (da equipararsi ai servizi di interesse economico generale, cfr C. Cost. n.325/2010), sussista un obbligo assoluto e inderogabile di affidarli a terzi sul mercato con esclusione dell’affidamento diretto a società in house. In ogni caso l’affidamento in house è soggetto al Patto di stabilità interno ex art. 20 DL 98/11 e rientra nella materia della “tutela della concorrenza” di competenza esclusiva statale (cfr C. Cost. 46/2013).
Sussiste il controllo analogo qualora gli enti pubblici territoriali:
a) provvedano direttamente alla nomina o revoca degli amministratori e dei sindaci della società (esistenza di un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni più importanti);
b) svolgano funzione di indirizzo, coordinamento, supervisione;
c) esercitino attività di controllo gestionale e finanziario (sopralluoghi, ispezioni, report periodici);
d) in caso di pluralità di soci ciascun socio partecipi sia al capitale sociale che agli organi direttivi della società potendo il controllo essere congiuntamente deliberato a maggioranza (C.G., 13/11/2008 C-324/07, Coditel Brabant SA);
e) rapporto di delegazione inter-organica, in cui si sostanzia lo schema organizzativo cd. in house providing (Commissione europea, nota 26/6/2002);
f)   la giurisprudenza nazionale individua, in tali fattispecie, un rapporto di subordinazione gerarchica;
g) si tratta prevalentemente di un controllo successivo, ma non si esclude quello preventivo.
Compatibilmente con il diritto societario sussistono criticità nell’immaginare spa con partecipazioni azionarie a tempo determinato o con deferimento dei poteri sopra descritti all’Assemblea dei Soci nell’ottica della responsabilità personale degli amministratori; in tal senso appare più appropriata una trasformazione della spa in società a responsabilità limitata per la maggiore ampiezza dei poteri statutari. Il Consiglio di Stato valuta positivamente anche una serie di altri elementi, presenti nello statuto della società affidataria diretta, quali: la previsione di poteri di sopralluogo, l’esistenza di attività di indirizzo, programmazione e vigilanza previste, oltre che nello statuto, nei contratti di servizio e (anche) nelle carte di servizio e in ogni altro atto destinato a regolare i rapporti tra soci e società, l’istituzione di comitati di controllo e vigilanza dotati di pregnanti poteri (la verifica del raggiungimento degli obiettivi, la valutazione dell’andamento economico – finanziario della gestione, l’approvazione del piano industriale e degli altri documenti di programmazione, la modifica degli schemi tipo dei contratti di servizio, l’assenso per le modifiche degli impianti esistenti e la costruzione di nuovi impianti). La rilevanza dell’attività è verificata in conformità alle norme e principi comunitari nonché all’interpretazione della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE. La scelta dell’ente locale sulle modalità di organizzazione dei servizi pubblici locali deve basarsi sui consueti parametri:
-    valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati coinvolti;
-    individuazione del modello più economico ed efficiente;
-    adeguata istruttoria e motivazione.
Trattandosi di scelta discrezionale la stessa è sindacabile per eccesso di potere in sede di giustizia amministrativa (Cons. Stato, III, 8701/2013, n.26). Evidenziando, con ciò, quanto sottile sia il confine tra il giudizio di merito e il giudizio sulla discrezionalità, in particolare, tecnica. Altro aspetto concerne la possibilità di esercizio del “controllo analogo” dell’ente affidante sulla società affidataria quotata, per l’in-house providing, ai fini dell’attribuzione della gestione di un servizio pubblico locale. Esiste una norma di salvaguardia prevista dall’art. 34, comma 15, del DL 179/12 secondo cui gli “affidamenti diretti assentiti alla data del 1° ottobre 2003 a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data, e a quelle da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto”. Secondo gli abrogati comma 8 dell’art. 23-bis del DL 112/ 2008 e il DPR 168/10 di attuazione del citato art. 23-bis un contratto di servizio sottoscritto dopo il 1° ottobre 2003, avrebbe dovuto cessare alla fine del 2011. Per l’Antitrust affidamenti del genere risultano comunque in contrasto con i principi comunitari in materia di concorrenza, in quanto la presenza di soci privati nel capitale di una società di per sé impedisce la configurazione di un rapporto di controllo analogo. Inoltre l’individuazione dei soci privati mediante quotazione in borsa avviene con modalità non equiparabili a quelle di una procedura ad evidenza pubblica poiché “qualunque investimento di capitale privato obbedisce a considerazioni proprie degli interessi privati e persegue obiettivi di natura differente dagli obiettivi di interesse pubblico“ (cfr Corte di giustizia UE, 11 gennaio 2005, C-26/03 Stadt Halle).
Sui vincoli alle società strumentali il TAR Lombardia, Brescia Sez II, 21/2/2013, n.196 evidenzia che il DL 223/06 (Bersani) ha l’obiettivo di tutelare la concorrenza nel mercato degli appalti pubblici, mentre il DL 95/12 (spending review) individua nelle società strumentali una fonte di potenziale spreco di risorse.
L’art. 13 del DL 223/2006 individua due categorie di attività vietate:
-   quelle incompatibili con il carattere strumentale della società (ovvero la produzione di beni e servizi non per un ente pubblico specifico, ma per una pluralità di soggetti indeterminati) comunque vietate anche se scorporate e svolte da una società controllata (la catena societaria sarebbe solo un espediente finalizzato a eludere il divieto, cfr. C. Cost. n.326/ 2008);
-   quelle incompatibili con l’esclusività dell’oggetto sociale (tra queste rientra lo svolgimento di servizi pubblici),
per le quali si apre la prospettiva dello scorporo legittimo in una diversa società, e qui si inseriscono anche le principali divergenze interpretative.
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza n. 17/2011 afferma due canoni interpretativi così sintetizzabili:
a) la trasmissione delle cause di esclusione alle società partecipate, comprese quelle di terza generazione, si realizza quando si possa ravvisare l’intenzione di eludere i divieti a carico delle società strumentali;
b) una società partecipata incorre negli stessi divieti della società strumentale quando beneficia dell’intervento finanziario di quest’ultima. Risulta quindi salvaguardata la normativa nazionale, più rigorosa di quella comunitaria, ma in conformità a quest’ultima viene accolto il principio della verifica in concreto.
Un’importante innovazione normativa è già individuabile nella disciplina sulla revisione della spesa pubblica. L’art. 4 commi 1-3 del DL 95/2012 introduce infatti una nuova classificazione delle società strumentali in vista della liquidazione delle stesse attraverso scioglimento o alienazione. Rientrano nella previsione le società con un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento dell'intero fatturato. Con questo intervento il legislatore ha adottato un nuovo approccio al problema delle società strumentali, individuando nelle stesse una fonte di potenziale spreco di risorse e indirizzando le amministrazioni verso la produzione interna dei servizi o l’acquisto degli stessi nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale, ossia tramite gara. Il divieto per le affidatarie dirette di servizi pubblici locali di partecipare, anche tramite proprie controllate, non solo a gare per servizi ulteriori, ma più in generale “per servizi o attività per altri enti pubblici o privati” ai sensi dell’art. 23-bis, comma 9, DL 112/08 e dell’art. 13 DL 223/2006 è trattato nella decisione del Consiglio di Stato, Sez V, 15/2/2013, n.936. Il servizio è qualificabile come strumentale quando viene svolto direttamente a favore dell’ente locale affidante e non già come servizio pubblico locale. Il divieto per le società partecipate da enti pubblici di svolgere attività extra moenia previsto dall’art. 13 DL 223/06 concerne qualsiasi prestazione in favore di terzi, come dichiarato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con sentenza n.17/2011. La ratio consiste nell’impedire che società costituenti longa manus di enti pubblici restringano il confronto concorrenziale nel mercato, abusando della propria posizione. La deroga ai principi concorrenziali prevista dall’art. 23-bis, comma 9, DL 112/08 la quale consente agli affidatari diretti di servizi pubblici locali di partecipare alla prima procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento dei servizi da essi forniti senza gara, consente di continuare ad operare nello stesso settore economico nel quale l’affidamento diretto è avvenuto, a condizione di risultare vincitori di procedure competitive; l’eccezione alla portata applicativa del divieto va intesa in senso letterale e dunque alle sole società quotate in borsa, ma non già alle controllate (secondo periodo del comma) come desumibile dal primo periodo che nel porre il divieto precisa che esso si estende alle controllanti e controllate affidatarie dirette. Una società nata dalla separazione societaria rispetto alla controllante totalitaria ai sensi dell’art. 8, comma 2-bis, L 287/90, nel rispetto dei principi di concorrenzialità, non vale a precludere l’operatività del divieto di cui all’art. 23-bis comma 9; “... quest’ultimo opera su un piano diverso, che prescinde dal rispetto del principio di separazione societaria, essendo incentrato sulla sola circostanza dell’affidamento diretto, laddove tale separazione si atteggia a mera precondizione per partecipare ad ulteriori gare per l’affidamento di servizi strumentali, fermo rimanendo che la società operante nel mercato dei servizi pubblici locali che scorpora le attività in quest’ultimo settore, in conformità ai principi stabiliti dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.326/2008, non deve aver beneficiato a monte di affidamenti diretti di detti servizi pubblici …”. In tal senso sono rafforzati i principi di concorrenzialità di matrice comunitaria: il divieto prescritto dall’art. 13 DL 223/06, in relazione al quale è posto l’obbligo di scorporo ex art. 8, comma 2-bis, L 287/90, si applica in relazione all’oggetto sociale delle società, per separare l’attività amministrativa da quella d’impresa svolta in regime concorrenziale. Invece il divieto di cui all’art. 23-bis, comma 9, DL 112/08 agisce sul titolo giuridico nel senso che anche l’affidamento diretto è fonte di vantaggi concorrenziali da far valere per l’acquisizione di altre commesse in danni di altri operatoti economici e di enti pubblici: la norma pone il divieto per le affidatarie dirette di servizi pubblici locali di partecipare, anche tramite proprie controllate, non solo a gare per servizi ulteriori, ma più in generale “per servizi o attività per altri enti pubblici o privati”. Le due norme proibitive sono legate da una ratio unitaria. L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella decisione n. 17/2011 fa riferimento ad una diversa fattispecie avente ad oggetto lo stesso servizio della gara impugnata, ove si è escluso che operi il divieto di attività extra moenia ex art. 13 DL 223/06, stante il carattere di società multiservizi della controllante nonché il divieto di cui all’art. 23-bis, comma 9, DL 112/08 perché la controllante, sebbene affidataria diretta, è una società mista il cui socio operativo privato è stato selezionato con gara a doppio oggetto. In particolare il divieto per le società a capitale interamente pubblico o miste strumentali agli Enti pubblici locali di partecipare all’aggiudicazione della gara non indetta dagli Enti locali loro partecipanti di cui all’art. 13 del decreto Bersani, non si applica alle società miste destinate a gestire servizi pubblici locali che esercitano attività di impresa di enti pubblici non in virtù di affidamenti diretti; il medesimo divieto è però applicabile anche alle ipotesi in cui la società a capitale misto, con scopo statutario non esclusivo e che intenda operare, mediante una società interamente partecipata, in favore di enti locali non soci, voglia concorrere a gare per gli stessi servizi, rispetto ai quali ha già affidamenti diretti da parte dei soci pubblici. È diverso il caso in cui non vi sia un confronto concorrenziale a monte attraverso l’affidamento del servizio con gara ad evidenza pubblica o con gara a doppio oggetto per la selezione del socio industriale. Inoltre la connotazione di società multiservizi esclude solo l’applicazione del divieto di cui all’art. 13 DL 223/06, ma non di quello successivamente introdotto con l’art. 23-bis, comma 9, DL 112/08. Allo stato attuale occorrerebbe un’ulteriore interpretazione nomofilattica per dirimere interrogativi che sorgono spontanei dalla lettura dei recenti orientamenti amministrativi o, viceversa, un nuovo intervento del Legislatore.