dell'Avvocato Lucia Pitzurra.
Sulla distinzione tra socio pubblico e società in house in termini di alterità soggettiva (cfr. Cassaz. Sez. Un. n.26283/2013) si fonda la giurisdizione della Corte dei Conti sugli atti commessi dai suoi amministratori.
Sulla distinzione tra socio pubblico e società in house in termini di alterità soggettiva (cfr. Cassaz. Sez. Un. n.26283/2013) si fonda la giurisdizione della Corte dei Conti sugli atti commessi dai suoi amministratori.
La Corte dei Conti ha giurisdizione
sull’azione di responsabilità esercitata dalla Procura della Repubblica presso
la stessa Corte quando l’azione sia diretta a far valere la responsabilità
degli organi sociali per danni da essi cagionati al patrimonio della società in
house, ma in concomitanza con la sussistenza di una natura pubblica dei soci, dell’esercizio
dell’attività in prevalenza a favore dei soci stessi e della sottoposizione ad
un controllo corrispondente a quello esercitato sui propri uffici (Cons. S.t A.D.
3 marzo 2008, n.1).
Il quadro statutario della società
rispetto al socio pubblico, determinante ai fini del radicamento di tale
giurisdizione della Corte dei Conti, è quello sussistente all’epoca della
condotta e non della domanda.
Pertanto, ove non risulti un divieto
statutario di acquisizione, previa cessione, di partecipazioni private –
minoritarie - e, sussistendo una semplice ingerenza del socio pubblico ex art.
2449 c.c., non configurante un controllo continuo del socio pubblico nella gestione
dell’attività sociale, non sussiste una potestà giurisdizionale della Corte dei
Conti nei confronti di una società che non possiede tali requisiti configuranti l’in house providing.
In passato si è registrata
una giurisprudenza contabile ondivaga soprattutto con riferimento alle società
a totale partecipazione pubblica: dal riconoscimento del danno all’immagine
cagionato dall’azione illegittima degli amministratori o dei dipendenti della
società all’assenza di un rapporto di servizio e/o danno erariale arrecato
direttamente al patrimonio dell’ente pubblico, che detenga partecipazioni in
dette società pubbliche ( separazione patrimoniale); in altri casi è stata
ravvisata la competenza del giudice contabile ove il rappresentante del socio
pubblico abbia colpevolmente trascurato di esercitare i propri diritti
pregiudicando il valore della partecipazione.
Resta ferma la soggezione
alla giurisdizione della Corte dei Conti di amministratori di società pubbliche
o private che maneggiando denaro pubblico a destinazione vincolata, lo
distraggano dalle finalità di legge.
Il Legislatore potrebbe
chiarire se gli amministratori di società a partecipazione pubblica abbiano
solo obblighi di diligenza mera od anche di risultato ( e di servizio).
A tali società, inoltre,
si applicano i principi del codice civile in materia di diligenza (artt. 1776
c.c. e 2392 c.c.) e del codice penale secondo la definizione di colpa ex art 43
c.p.
Il danneggiato ha l’onere
di provare la negligenza.
Una volta radicata la
giurisdizione del giudice ordinario si applica la disciplina del codice civile
e viene valutata la negligenza ai sensi del combinato disposto degli
articoli 2381, comma 5, 2382 e 2381,
comma 3, c.c., ma anche l’amministratore privo di deleghe è tenuto a doversi
rendere conto di tali campanelli di allarme (diligenza minore).
In ogni caso vi può essere
un rimprovero solo a titolo di colpa, ma mai di dolo, altrimenti si
configurerebbe un diverso titolo di responsabilità implicante un reato penale.
Gli artt. 2449, 2550 e 2551
c.c. (delle società con partecipazioni dello Stato o di enti pubblici) di fatto
risultano incompatibili con le norme comunitarie.
L’art. 4 D.L. 95/2012,
convertito con modificazioni dalla legge 135/2012, aveva previsto disposizioni speciali in tema di società
pubbliche, ma
la legge di stabilità 2014 (artt. 14 e 15 della legge n. 147 del 23 dicembre
2013) ha apportato dei correttivi.
Sussistono differenze tra
la giurisdizione del giudice ordinario e del giudice contabile in merito alla
parzialità dell’obbligazione risarcitoria (responsabilità amministrativa), all’intrasmissibilità
agli eredi, all’attore pubblico, al procedimento garantito anche in sede di
istruttoria.