Editoriale di Bruno Manzi, Presidente di Legautonomie Lazio.
Ho trovato interessante l’articolo del prof. Giovanni Caudo pubblicato lo scorso 7 gennaio su “La Repubblica” con il quale ha riproposto l'urgenza di affrontare la questione dello status della Capitale, sia nel rapporto con lo Stato e con il "suo" territorio.
L'assessore, per la soluzione del problema, ci propone due alternative: l'istituzione della Regione di Roma Capitale che comprenda il territorio di questa più quello della "sua" area metropolitana; l'istituzione dell'area metropolitana di Roma Capitale (che non viene definita "Città metropolitana" come nel ddl Delrio) il cui rapporto diretto con lo Stato e la sua specialità siano definite attraverso una specifica "legge sulla Capitale".
Ho trovato interessante l’articolo del prof. Giovanni Caudo pubblicato lo scorso 7 gennaio su “La Repubblica” con il quale ha riproposto l'urgenza di affrontare la questione dello status della Capitale, sia nel rapporto con lo Stato e con il "suo" territorio.
L'assessore, per la soluzione del problema, ci propone due alternative: l'istituzione della Regione di Roma Capitale che comprenda il territorio di questa più quello della "sua" area metropolitana; l'istituzione dell'area metropolitana di Roma Capitale (che non viene definita "Città metropolitana" come nel ddl Delrio) il cui rapporto diretto con lo Stato e la sua specialità siano definite attraverso una specifica "legge sulla Capitale".
Il
professor Caudo argomenta la sua proposta facendo esplicito riferimento alle
problematiche tradizionalmente più rilevanti nella governo delle grandi aree
metropolitane: "i rifiuti, i trasporti, l'urbanistica, le scuole, le
politiche sociali, ecc ... non c'è quasi nessun ambito della vita quotidiana
dei romani che oggi non soffra della mancanza di una adeguata definizione della
governance istituzionale della capitale e del riconoscimento della sua ampiezza
territoriale”. Ci sia permesso di osservare che il tema posto è di grande
attualità e rilevanza non solo per i "romani" ma lo è per tutti i
cittadini del Lazio e, parimenti, ci sia consentito di avanzare alcune
osservazioni alle proposte poste sul tavolo. In termini di dimensione territoriale
entrambe le opzioni fanno riferimento non solo a Roma Capitale ma alla più
ampia area metropolitana, il che, per forza di cose, deve ricomprendere anche
altri comuni. Le proposte che si sono susseguite nel tempo, da quando questo
dibattito è in corso (almeno dai primi anni '90 del secolo scorso), sono state
le più varie ed eterogenee. Da chi ha pensato di far coincidere l’area
metropolitana con l'intero territorio dell'attuale Provincia di Roma, fino a
chi avrebbe preferito limitarla al solo Comune di Roma, passando per una
miriade di proposte intermedie.
Per
quanto mi riguarda ho più volte manifestato la sensazione che la dimensione
delle dinamiche sociali ed economiche di Roma e che le soluzioni ai problemi
derivanti dalle stesse certamente travalichino i confini comunali ma, in
tantissimi casi, anche quelli provinciali. Così è per i flussi migratori di
centinaia di migliaia di nuclei familiari da Roma verso il suo esterno, con i
connessi problemi di qualità dei servizi sociali e sanitari per le giovani
coppie e per la terza età, e delle imprese, con la conseguente carenza di infrastrutture
che ne inficia la competitività; così è per la tragica condizione dei pendolari
per motivi di lavoro, di studio e di organizzazione del tempo libero, con le
più generali ricadute negative sulla mobilità pubblica e privata; così è per la
qualità ambientale, cui si legano i temi della gestione del ciclo dei rifiuti e
di quello dell'acqua, oltre che del complesso sistema delle aree protette. Potrei
proseguire a lungo.
Questi
sono i fenomeni che definiscono l'ampiezza territoriale della Capitale a cui
riservare la nuova governance. Solo una volta compreso ciò la classe dirigente
potrà e dovrà necessariamente porsi il tema di cosa accade dentro e fuori
questo ambito in termini economici e sociali, e dunque, a come modificare l'attuale
organizzazione istituzionale. Rispetto
alle aree non interessate al nuovo sistema di governance la loro attrattività
economica sarà uguale, maggiore o minore di quella attuale? Conseguentemente il
nuovo assetto aiuterà a superare l'attuale gap di competitività esistente tra
l'area romana ed il resto della regione? I cittadini dei comuni interessati al
nuovo sistema di governance avranno uguale, maggiore o minore potere di
incidere sulle scelte che li riguardano rispetto ad oggi?
Per
quanto riguarda la Regione Lazio entrambe le soluzioni ne decretano la totale
inutilità. Nel primo caso essa si dovrebbe occupare dei soli territori non
ricompresi nel nuovo ente, con una forte spinta centrifuga di questi verso le
Regioni confinanti. L'esito finale sarebbe certamente la riduzione dell'attuale
Lazio all'attuale Provincia di Roma, con più o meno qualche Comune, e
l'annessione di parti del territorio regionale da parte di Toscana, Umbria,
Campania. Nel secondo caso gli ambiti di decisione della Regione sarebbero
limitati alle sole zone non ricadenti nell'area metropolitana di Roma Capitale,
la quale autonomamente disporrebbe delle scelte di programmatiche e delle
relative risorse economiche nei settori di maggiore rilevanza strategica. In
questa prospettiva continuo a ritenere che la soluzione più adeguata per Roma e
per il Lazio sia quella di prendere atto che la dimensione metropolitana della
Capitale sia la sua Regione. Penso, dunque, che bisogna organizzare la
dimensione d'area vasta dei territori esterni a Roma Capitale secondo una
dimensione adeguata (quattro o due macroaree) tale da equilibrare il peso
specifico dei singoli territori e di questi con quello della Capitale. Ciò
permetterà di rafforzare il ruolo della Regione come punto di equilibrio e di
sintesi delle aspettative e delle esigenze dell'intera comunità regionale.