dell'Avvocato Daniela Di Rocco.
La Quinta Sezione del Consiglio di Stato, con sentenza n. 1423 del 2014, ha accolto l’appello proposto da un Comune per la riforma della sentenza di primo grado resa dal Tar Campania – Napoli – sul ricorso presentato da taluni cittadini che avevano impugnato una delibera di giunta con la quale l’amministrazione comunale aveva
introdotto la maggiorazione sull’addizionale dell’accisa per l’energia elettrica ai sensi dell’art. 2, comma 2-bis, d.l. n. 225/2011.
La Quinta Sezione del Consiglio di Stato, con sentenza n. 1423 del 2014, ha accolto l’appello proposto da un Comune per la riforma della sentenza di primo grado resa dal Tar Campania – Napoli – sul ricorso presentato da taluni cittadini che avevano impugnato una delibera di giunta con la quale l’amministrazione comunale aveva
introdotto la maggiorazione sull’addizionale dell’accisa per l’energia elettrica ai sensi dell’art. 2, comma 2-bis, d.l. n. 225/2011.
Il
Tar adito, in particolare, aveva accolto la censura proposta dai ricorrenti
finalizzata a contestare la legittimità dell’operato dell’Amministrazione in
forza della rilevata incompetenza della giunta comunale in favore, invece,
della competenza del consiglio comunale.
L’accoglimento
di tale motivo di ricorso aveva fatto ritenere al Tar assorbite le restanti
censure sollevate avverso l’operato dell’Amministrazione.
Più
specificamente, i giudici di primo grado avevano sostenuto che la maggiorazione
avrebbe potuto essere deliberata esclusivamente dal consiglio comunale, al
quale la relativa competenza sarebbe devoluta, in forza di quanto disposto dall’art.
42, comma 1, lett. f), T.u.e.l..
Il
riferimento contenuto nella sentenza di primo grado è in particolare alla parte
della norma su citata che attribuirebbe, secondo la pronuncia poi riformata in
secondo grado, al Consiglio Comunale la competenza in ordine alla “istituzione
e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative
aliquote”.
Il
Tar Campania aveva, altresì, precisato che nel caso portato alla sua cognizione
e con specifico riferimento alla maggiorazione contestata, “si tratta della
determinazione relativa all'istituzione o meno di un nuovo prelievo fiscale,
consistente nella maggiorazione all'addizionale, e non già della variazione
dell’aliquota di addizionale da applicare”.
La
difesa del Comune, nell’atto di appello proposto, ha sostenuto che la
maggiorazione contestata, contrariamente a quanto sostenuto dal Tar, avrebbe
concretizzato l’ipotesi di sola determinazione delle aliquote di imposte già
istituite, senza quindi configurare un nuovo prelievo fiscale nei termini
indicati dall’art. 42 del T.u.e.l. e, quindi, sempre secondo la tesi della
difesa Comunale si sarebbe trattato di una ipotesi testualmente eccettuata
dalla tassativa competenza consiliare ai sensi della citata lett. f) del
medesimo art. 42.
I
giudici di Palazzo Spada, hanno rilevato che, come sostenuto dalla stessa amministrazione,
l’art. 42, comma 1, lett. f), t.u.e.l. esclude dalla competenza del consiglio
comunale in materia di tributi la “determinazione delle relative aliquote”.
Spetta
all’organo di indirizzo politico-amministrativo l’individuazione dei tributi e
dunque deliberare in ordine alle linee fondamentali della politica fiscale e
del sistema tributario dell’ente.
Tali
premesse che, a ben vedere, sono oggettivamente ancorate alla semplice lettura
del dato normativo danno poi accesso, nella sentenza in commento, ad un
importante chiarimento utile al fine di comprendere il discrimine tra le
singole fattispecie che, volta per volta, ai sensi dell’art. 42 del T.u.e.l.
possono dare luogo ad una diversa determinazione della competenza tra gli
organi dell’amministrazioni.
I
Giudici di Palazzo Spada, infatti, chiariscono, che: “In queste linee fondamentali non rientra certamente la determinazione
delle aliquote di tributi già istituiti, le cui decisioni attengono non già
all’an del tributo medesimo, ma
al quantum del prelievo di
ricchezza con esso determinato. Le scelte relative a questo secondo profilo non
attengono alla definizione dell’indirizzo politico-amministrativo in materia
fiscale, ma sono strettamente connesse ai vincoli ed agli obiettivi di bilancio
e, nel caso di specie, alla copertura del costo del servizio di gestione dei
tributi. Si tratta dunque di decisioni di chiara matrice gestionale, che la
norma di legge in esame ha coerentemente devoluto all’organo esecutivo di
vertice dell’ente comunale, titolare del potere di iniziativa in materia di
programmazione economico-finanziaria e di politica di bilancio (art. 174
t.u.e.l.).”
Il
Consiglio di Stato, quindi, non reputa condivisibile quanto ritenuto dal Tar il
quale ha, evidentemente, ritenuto la competenza del Consiglio Comunale sulla
scorta dell’erroneo presupposto che la maggiorazione deliberata, oggetto della
controversia incardinata dai ricorrenti, consistesse in un “nuovo prelievo
fiscale”.
I
Giudici di Palazzo Spada evidenziano come il Tar abbia evidentemente utilizzato
in maniera impropria, anzi atecnica, il riferimento al concetto di “nuovo prelievo fiscale” giungendo, per
tal via, ad una erronea conclusione e, soprattutto, ad una non corretta
applicazione del dato normativo contenuto nell’art. 42 del T.u.e.s.l.
“La locuzione prelievo fiscale ha infatti un suo significato compiuto nell’ambito di discipline economico-finanziarie quali in particolare la scienza delle finanze, ma dal punto di vista giuridico presenta ambiguità. Da quest’ultimo punto di vista invece – l’unico che rileva nella presente sede giurisdizionale - non vi è dubbio che la maggiorazione consista non già in un tributo nuovo, ma in una variazione quantitativa di uno già istituito, rientrando dunque nel caso testualmente sottratto alla competenza consiliare dalla ridetta lett. f) dell’art. 42, comma 1, d.lgs. n. 267/2000”.
Riportando, quindi, i termini
della questione nei giusti ranghi la pronuncia in commento ha il pregio di
chiarire che non è di per sé sufficiente, ai fini della corretta individuazione
dell’organo competente a deliberare la maggiorazione dell’imposta, il mero
riferimento al maggior esborso che ne conseguirebbe per i destinatari;
dovendosi pur sempre accertare, attraverso una valutazione da compiersi caso per caso, se tale maggiorazione sia
stata preceduta o meno dalla istituzione del nuovo tributo (questa, si, di
sicura ed esclusiva competenza del Consiglio Comunale) del quale la stessa
altro non costituisce che una concreta determinazione del quantum debeatur (che, di contro, in corretta applicazione del dato
normativo spetta alla Giunta Comunale).