dell'Avvocato Gianluca Di Pietro.
Il caso nasce dalla richiesta di una stazione appaltante di verifica dei requisiti prescritti dalla normativa in materia di lotta alla delinquenza mafiosa di cui al D.Lgs. n.159 del 26 settembre 2011, formulata all’Ufficio Territoriale di Governo nei confronti della società risultata aggiudicataria di una procedura concorsuale.
Sulla efficacia della cd. interdittiva antimafia "tipica", prevista dall’art. 4 del D. Lgs. n. 490 del 1994 e dall’art. 10 del D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 (ed oggi dagli articoli 91 e segg. del D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, recante il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione) la giurisprudenza amministrativa (fra le più recenti: Consiglio di Stato, Sezione III, n. 5995 del 12 novembre 2011; n. 5130 del 14 settembre 2011) ha affermato:
Il caso nasce dalla richiesta di una stazione appaltante di verifica dei requisiti prescritti dalla normativa in materia di lotta alla delinquenza mafiosa di cui al D.Lgs. n.159 del 26 settembre 2011, formulata all’Ufficio Territoriale di Governo nei confronti della società risultata aggiudicataria di una procedura concorsuale.
Sulla efficacia della cd. interdittiva antimafia "tipica", prevista dall’art. 4 del D. Lgs. n. 490 del 1994 e dall’art. 10 del D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 (ed oggi dagli articoli 91 e segg. del D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, recante il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione) la giurisprudenza amministrativa (fra le più recenti: Consiglio di Stato, Sezione III, n. 5995 del 12 novembre 2011; n. 5130 del 14 settembre 2011) ha affermato:
1)
che l'interdittiva prefettizia antimafia costituisce una misura preventiva
volta a colpire l'azione della criminalità organizzata impedendole di avere
rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione;
2)
che, trattandosi di una misura a carattere preventivo, l’interdittiva prescinde
dall'accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti
che, nell’esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con la pubblica
amministrazione e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di
polizia valutati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente
competente;
3) che tale valutazione costituisce
espressione di ampia discrezionalità che può essere assoggettata al sindacato
del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità in
relazione alla rilevanza dei fatti accertati;
4) che, essendo il potere esercitato
espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale,
finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle
attività della criminalità organizzata, la misura interdittiva non deve
necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere
definitivo e certi sull'esistenza della contiguità dell’impresa con
organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell'attività
di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui
emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo
di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata.
Ne deriva come
nessun dubbio possa esserci in ordine alla impossibilità da parte della P.A. di
poter contrarre con l’impresa che seppure aggiudicataria del servizio sia
colpita da una misura tipica di tipo interdittivo.
Semmai, dubbi
interpretativi possono esserci ove l’impresa sia interessata anche da un provvedimento
di sequestro cautelare dei beni con
nomina di un amministratore giudiziario.
Ed infatti
l’art.38 del D.Lgs. n.163/2006 recita testualmente all’art. 38 1 comma bis: “Le cause di esclusione previste dal presente
articolo non si applicano alle aziende o società sottoposte a sequestro o
confisca ai sensi dell’articolo 12-sexies
del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla
legge 7 agosto 1992, n. 356, o della legge 31 maggio 1965, n. 575, ed affidate
ad un custode o amministratore giudiziario, limitatamente a quelle riferite al
periodo precedente al predetto affidamento, o finanziario.”
Sembrerebbe,
pertanto, doversi escludere l’efficacia delle predette misure interdittive laddove
si versi in una situazione nella quale i vertici gestori della società siano
sostituiti da un amministratore giudiziario e la procedura di gara abbia dato
corso prima della sua nomina
Tale linea
interpretativa non sembra tuttavia collimare con la giurisprudenza
amministrativa oltre che con la logica del sistema.
Ed infatti, il
Consiglio di Stato ha rilevato come non possa incidere sulla valutazione della
legittimità della suddetta misura interdittiva, le avvenute dimissioni dalla
carica di amministratore unico della società del soggetto , trattandosi di un
fatto sopravvenuto all’interdittiva impugnata che può eventualmente influire
sulle successive valutazioni che l’amministrazione potrà compiere sulla
attività della società appellante, anche ai sensi del comma 5 dell’art. 91 del
citato D. Lgs. n. 159 del 6 settembre 2011.
In ogni caso di estromissione dalla società dell’amministratore sulla cui
persona si incentra il giudizio di permeabilità mafiosa e di nomina di un nuovo
amministratore a tutela di interessi generali (come nel caso della irrogazione
della misura cautelare del sequestro dei beni aziendali e di nomina di un
amministratore giudiziario, ovvero nel caso, ricorrente nella fattispecie, di
fallimento del socio-amministratore e di nomina del nuovo amministratore da parte
della curatela fallimentare), quella nomina non può di per sé azzerare la
situazione di possibile condizionamento ed i pericoli di infiltrazioni
malavitose, depurando così ex tunc la gestione aziendale e gli amministratori
da quei condizionamenti (Cons. St., III, 5 gennaio 2012, n. 12), in quanto
l’estraneità della nuova gestione dell’impresa da eventuali interferenze
mafiose non vale certo ad elidere la presunzione – iuris et de iure – che l’illecita infiltrazione mafiosa possa aver
influito con effetto inquinante sull’ésito di procedure di gara, quale quella a
conclusione della quale è nato nel caso all’esame il vincolo della cui
risoluzione pure qui si discute, attivate sotto la precedente gestione
dell’impresa, colpita dalla misura preventiva amministrativa di cui si tratta.
Quest’ultima, in
realtà, fotografa uno stato di fatto, indubbiamente sussistente
antecedentemente alla nomina del nuovo amministratore, ma comunque non
risalente nel tempo (nel caso all’esame, circa cinque mesi) ed in grado, come
s’è detto, di produrre in ogni caso pregiudizievoli riflessi sui rapporti
giuridici intrattenuti dall’impresa alla data dell’informativa opposta.
Oltretutto si
ove ci si trovi di fronte ad una misura tipica altre sono le ragioni ostative.
Secondo la
giurisprudenza (cfr., da ultimo, il quadro ricostruttivo fornito da CGA, 8
maggio 2013, n. 456) nel nostro ordinamento la informativa antimafia c.d. tipica
- come lo è il provvedimento di interdizione - , rinviene il suo fondamento
normativo dell’art. 10, del d.P.R.
252/1998 e dell’art. 1-septies, del d.l. 629/1982, conv. in legge 726/1982,
nonché nell’art. 10, comma 7, lett. c), del d.P.R. 252/1998, ed assume
carattere (direttamente) interdittivo, e non
consente alla stazione appaltante, a differenza di quella atipica,
l’attivazione di una valutazione discrezionale in ordine all’avvio o al
prosieguo dei rapporti contrattuali, alla luce dell’idoneità morale del
partecipante alla gara di assumere la posizione di contraente con la P.A.,
(cfr. Cons. Stato, III, 14 settembre 2011, n. 5130; VI, 28 aprile 2010, n.
2441; I, 25 febbraio 2012, n. 4774
Ed inoltre, nel
prendere atto che l’informativa antimafia, emessa ai sensi dell’art. 10, co. 7,
lett. c), del d.P.R. 3 giugno 1998 n. 252, prescinde completamente da ogni
provvedimento penale a carico degli appartenenti all’impresa (sia pure di
carattere preventivo o anche assolutorio) e si giustifica considerando il
pericolo dell’infiltrazione mafiosa, che non deve essere immaginifico né
immaginario, ma neppure provato, purché sia fondato su elementi presuntivi e
indiziari, rispondendo a finalità di carattere accentuatamente
preventivo-cautelare (fra le più recenti: Consiglio di Stato, Sezione III, n.
5995 del 12 novembre 2011; n. 5130 del 14 settembre 2011),) fa sì che la stessa
informativa non solo non sia priva di
effetti nei confronti delle Amministrazioni, ma soprattutto, non ne comprime integralmente le
capacità di apprezzamento, con la conseguenza che i provvedimenti di
mantenimento o di risoluzione del rapporto possono essere comunque il frutto di
una scelta motivata della stazione appaltante che si giustifichino , per
esempio, dal venire meno del rapporto fiduciario, ai sensi dell’art.38, comma 1
del D.Lgs. 163/2006 s.m.i. (cfr. Cons. Stato, VI, 11 dicembre 2009, n. 7777; 3
maggio 2007, n. 1948; V, 28 marzo 2008, n. 1310).