dell'Avvocato Roberto Mastrofini.
La Centrale Unica di Committenza è attualmente un tema centrale del dibattito in materia di appalti pubblici ed Enti Locali. La sua prossima entrata in vigore (01.01.2015 per le gare di servizi e forniture; 01.07.2015 per i lavori) sta ponendo gli Enti Locali nella condizione di avviare il processo di istituzione della stessa e, più in generale, sta obbligando tutti gli operatori del settore a confrontarsi con le questioni applicative connesse a tale strumento.
La primaria funzione della Centrale Unica di Committenza (art. 33, comma 3 bis. del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.i.) è quella di assicurare una razionalizzazione delle procedure di gara, ottimizzare ed utilizzare più efficacemente le risorse umane ed economiche a disposizione degli Enti Locali e, ove del caso, ottenere contratti di appalto qualitativamente elevati a fronte di un maggior risparmio da parte della Stazione Appaltante.
Tuttavia, la norma istitutiva della CUC ha subito nel corso degli anni numerose modifiche legislative che, nel corso del tempo, ne hanno modificato la portata e la valenza, ingenerando incertezza e confusione.
Ripercorriamo, con un breve excursus normativo, le novelle legislative che hanno interessato lo strumento in commento.
L'art. 23, comma 4, del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito in Legge 22 dicembre 2011 n. 214, ha introdotto nel Codice Unico degli Appalti la Centrale Unica di Committenza, novellando l'art. 33 del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.i. mediante l'inserimento del comma 3 bis il quale - in origine - disponeva che "I Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna Provincia affidano obbligatoriamente ad un'unica centrale di committenza l'acquisizione di lavori, servizi e forniture nell'ambito delle unioni dei comuni, di cui all'articolo 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici". Il successivo comma 5 dell'art. 23, stabiliva l'entrata in vigore della CUC a tutte le procedure avviate successivamente al 31 marzo 2012.
Successivamente, l'art. 29 del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, convertito in L. del 24 febbraio 2012, n. 14 ha provveduto a modificare il termine di entrata in vigore dell'art. 33, comma 3 bis del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.i., prorogando l'operatività della Centrale Unica di Committenza al 31 marzo 2013.Orbene, il testo originario della norma introduceva una forte rigidità nell'applicazione della CUC, lasciando poco margine operativo alle Amministrazioni Locali sia per quanto riguarda le procedure disciplinate dall'art. 125 del Codice degli Appalti sia per quanto riguarda la possibilità di ricorrere ai mercati elettronici pubblici.
Sul punto, il Legislatore è intervenuto più volte per ampliare l'autonomia degli Enti Locali, prevedendo per i Comuni:
1. la possibilità di effettuare i propri acquisti attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da altre centrali di committenza di riferimento, ivi comprese le convenzioni di cui all'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e il mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui all'articolo 328 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207 (l’art. 1, comma 4, del D.L. n. 95/2012);2. l'esclusione dall'ambito di applicazione della CUC le procedure di acquisizione di lavori, servizi e forniture, effettuate in economia mediante amministrazione diretta, nonché nei casi di cui al secondo periodo del comma 8 e al secondo periodo del comma 11 dell'articolo 125 (art. 1, comma 343, della Legge del 27 dicembre 2013, n. 147).
Nelle more di tali modifiche, il Legislatore è ulteriormente intervenuto sui tempi di entrata in vigore, prorogando la stessa fino al 30 giugno 2014 (l'art. 3, comma 1 bis, del D.L. 150/2013 convertito con modificazioni in L. 27 febbraio 2014, n. 15).
Tuttavia, gli interventi legislativi non si sono limitati ad integrazioni alla disciplina ovvero a modifiche all'entrata in vigore.
Invero, nel corso di quest'anno, il Legislatore ha profondamente trasformato l'istituto della Centrale Unica, incidendo fortemente sulla portata della norma e sull'ambito di applicazione.
In argomento, l'art. 9, comma 4, del Decreto Legge 24 aprile 2014, n. 66 convertito con modificazioni dalla Legge 23 giugno 2014, n. 89, ha novellato il comma 3 bis, disponendo che i Comuni non capoluogo di provincia procedono all'acquisizione di lavori, beni e servizi nell'ambito delle unioni dei comuni di cui all'articolo 32 del Decreto Legislativo 15 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle province, ai sensi della Legge 7 aprile 2014, n. 56. In alternativa, gli stessi Comuni possono effettuare i propri acquisti attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento. L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (oggi ANAC) non rilascia il codice identificativo gara (CIG) ai comuni non capoluogo di provincia che procedano all'acquisizione di lavori, beni e servizi in violazione degli adempimenti previsti dal presente comma. Per i Comuni istituiti a seguito di fusione l'obbligo di cui al primo periodo decorre dal terzo anno successivo a quello di istituzione.
Il successivo art. 23 ter della L. n. 114/2014 (legge di conversione del citato D. L. n. 90/2014) al comma 1 dispone la proroga dell'entrata prorogato l'entrata in vigore della disciplina posta dal comma 3 bis al 1 gennaio 2015 (acquisizione di beni e servizi) ed al 1 luglio 2015 (acquisizione di lavori pubblici); mentre al comma 3 stabilisce che i comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti possono procedere autonomamente per gli acquisti di beni, servizi e lavori di valore inferiore a 40.000 euro.
Orbene, i molteplici interventi legislativi hanno determinato un'incertezza sull'ambito di applicazione della disciplina nonché hanno impedito di fare una riflessione organica sull'istituto e sulle ricadute pratiche nell'ambito delle Amministrazioni.
Invero, una rilevante questione afferisce al ruolo che la Centrale Unica di Committenza è chiamata a svolgere nell'ambito del procedimento di una gara pubblica ed ai rapporti che la stessa intrattiene con la Pubblica Amministrazione che avvia la procedura.
Dalla lettura della norma, emerge che la funzione della CUC si risolva - essenzialmente - nella cura della procedura di gara per conto dell'Amministrazione Locale aderente; mentre sia l'avvio dell'iter amministrativo (la determina a contrarre, l'approvazione degli schemi di gara e dei progetti messi a gara) sia la sottoscrizione del contratto di appalto rimangono (correttamente) in capo al singolo Ente Locale.
Tale attività posta in capo alla Centrale Unica di Committenza, pertanto, richiede da parte delle Amministrazioni coinvolte uno sforzo di coordinamento e di adeguamento delle proprie procedure alle esigenze della stessa CUC nonché dei sistemi e delle piattaforme tecnologiche gestite dall'ex AVCP (oggi confluita nell'ANAC) che le singole Amministrazioni devono utilizzare per il rilascio del CIG e del CUP ovvero per la comunicazione dei numerosi dati connessi ad una procedura di gara.Invero, l'adeguamento di quanto sopra indicato si rivela come un punto essenziale per il corretto funzionamento della Centrale Unica di Committenza al fine di scongiurare ipotesi di interruzione dell'iter amministrativo e delle procedure di gara le quali potenzialmente possono creare notevoli ritardi nell'aggiudicazione e possibili danni agli interessi collettivi sottesi alla procedura di gara.
In conclusione, la messa a regime del sistema della Centrale Unica di Committenza richiederà uno sforzo collettivo da parte dei diversi protagonisti (pubblici e privati) del mondo degli appalti pubblici affinché tale strumento non si trasformi in un'ulteriore appesantimento burocratico di un procedimento già di per sé complesso, ma come un mezzo per rendere più efficiente ed efficace l'iter di un'evidenza pubblica in coerenza con gli obiettivi posti dal Legislatore alla base dell'introduzione dell'istituto in commento.
La Centrale Unica di Committenza è attualmente un tema centrale del dibattito in materia di appalti pubblici ed Enti Locali. La sua prossima entrata in vigore (01.01.2015 per le gare di servizi e forniture; 01.07.2015 per i lavori) sta ponendo gli Enti Locali nella condizione di avviare il processo di istituzione della stessa e, più in generale, sta obbligando tutti gli operatori del settore a confrontarsi con le questioni applicative connesse a tale strumento.
La primaria funzione della Centrale Unica di Committenza (art. 33, comma 3 bis. del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.i.) è quella di assicurare una razionalizzazione delle procedure di gara, ottimizzare ed utilizzare più efficacemente le risorse umane ed economiche a disposizione degli Enti Locali e, ove del caso, ottenere contratti di appalto qualitativamente elevati a fronte di un maggior risparmio da parte della Stazione Appaltante.
Tuttavia, la norma istitutiva della CUC ha subito nel corso degli anni numerose modifiche legislative che, nel corso del tempo, ne hanno modificato la portata e la valenza, ingenerando incertezza e confusione.
Ripercorriamo, con un breve excursus normativo, le novelle legislative che hanno interessato lo strumento in commento.
L'art. 23, comma 4, del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito in Legge 22 dicembre 2011 n. 214, ha introdotto nel Codice Unico degli Appalti la Centrale Unica di Committenza, novellando l'art. 33 del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.i. mediante l'inserimento del comma 3 bis il quale - in origine - disponeva che "I Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna Provincia affidano obbligatoriamente ad un'unica centrale di committenza l'acquisizione di lavori, servizi e forniture nell'ambito delle unioni dei comuni, di cui all'articolo 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici". Il successivo comma 5 dell'art. 23, stabiliva l'entrata in vigore della CUC a tutte le procedure avviate successivamente al 31 marzo 2012.
Successivamente, l'art. 29 del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, convertito in L. del 24 febbraio 2012, n. 14 ha provveduto a modificare il termine di entrata in vigore dell'art. 33, comma 3 bis del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.i., prorogando l'operatività della Centrale Unica di Committenza al 31 marzo 2013.Orbene, il testo originario della norma introduceva una forte rigidità nell'applicazione della CUC, lasciando poco margine operativo alle Amministrazioni Locali sia per quanto riguarda le procedure disciplinate dall'art. 125 del Codice degli Appalti sia per quanto riguarda la possibilità di ricorrere ai mercati elettronici pubblici.
Sul punto, il Legislatore è intervenuto più volte per ampliare l'autonomia degli Enti Locali, prevedendo per i Comuni:
1. la possibilità di effettuare i propri acquisti attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da altre centrali di committenza di riferimento, ivi comprese le convenzioni di cui all'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e il mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui all'articolo 328 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207 (l’art. 1, comma 4, del D.L. n. 95/2012);2. l'esclusione dall'ambito di applicazione della CUC le procedure di acquisizione di lavori, servizi e forniture, effettuate in economia mediante amministrazione diretta, nonché nei casi di cui al secondo periodo del comma 8 e al secondo periodo del comma 11 dell'articolo 125 (art. 1, comma 343, della Legge del 27 dicembre 2013, n. 147).
Nelle more di tali modifiche, il Legislatore è ulteriormente intervenuto sui tempi di entrata in vigore, prorogando la stessa fino al 30 giugno 2014 (l'art. 3, comma 1 bis, del D.L. 150/2013 convertito con modificazioni in L. 27 febbraio 2014, n. 15).
Tuttavia, gli interventi legislativi non si sono limitati ad integrazioni alla disciplina ovvero a modifiche all'entrata in vigore.
Invero, nel corso di quest'anno, il Legislatore ha profondamente trasformato l'istituto della Centrale Unica, incidendo fortemente sulla portata della norma e sull'ambito di applicazione.
In argomento, l'art. 9, comma 4, del Decreto Legge 24 aprile 2014, n. 66 convertito con modificazioni dalla Legge 23 giugno 2014, n. 89, ha novellato il comma 3 bis, disponendo che i Comuni non capoluogo di provincia procedono all'acquisizione di lavori, beni e servizi nell'ambito delle unioni dei comuni di cui all'articolo 32 del Decreto Legislativo 15 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle province, ai sensi della Legge 7 aprile 2014, n. 56. In alternativa, gli stessi Comuni possono effettuare i propri acquisti attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento. L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (oggi ANAC) non rilascia il codice identificativo gara (CIG) ai comuni non capoluogo di provincia che procedano all'acquisizione di lavori, beni e servizi in violazione degli adempimenti previsti dal presente comma. Per i Comuni istituiti a seguito di fusione l'obbligo di cui al primo periodo decorre dal terzo anno successivo a quello di istituzione.
Il successivo art. 23 ter della L. n. 114/2014 (legge di conversione del citato D. L. n. 90/2014) al comma 1 dispone la proroga dell'entrata prorogato l'entrata in vigore della disciplina posta dal comma 3 bis al 1 gennaio 2015 (acquisizione di beni e servizi) ed al 1 luglio 2015 (acquisizione di lavori pubblici); mentre al comma 3 stabilisce che i comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti possono procedere autonomamente per gli acquisti di beni, servizi e lavori di valore inferiore a 40.000 euro.
Orbene, i molteplici interventi legislativi hanno determinato un'incertezza sull'ambito di applicazione della disciplina nonché hanno impedito di fare una riflessione organica sull'istituto e sulle ricadute pratiche nell'ambito delle Amministrazioni.
Invero, una rilevante questione afferisce al ruolo che la Centrale Unica di Committenza è chiamata a svolgere nell'ambito del procedimento di una gara pubblica ed ai rapporti che la stessa intrattiene con la Pubblica Amministrazione che avvia la procedura.
Dalla lettura della norma, emerge che la funzione della CUC si risolva - essenzialmente - nella cura della procedura di gara per conto dell'Amministrazione Locale aderente; mentre sia l'avvio dell'iter amministrativo (la determina a contrarre, l'approvazione degli schemi di gara e dei progetti messi a gara) sia la sottoscrizione del contratto di appalto rimangono (correttamente) in capo al singolo Ente Locale.
Tale attività posta in capo alla Centrale Unica di Committenza, pertanto, richiede da parte delle Amministrazioni coinvolte uno sforzo di coordinamento e di adeguamento delle proprie procedure alle esigenze della stessa CUC nonché dei sistemi e delle piattaforme tecnologiche gestite dall'ex AVCP (oggi confluita nell'ANAC) che le singole Amministrazioni devono utilizzare per il rilascio del CIG e del CUP ovvero per la comunicazione dei numerosi dati connessi ad una procedura di gara.Invero, l'adeguamento di quanto sopra indicato si rivela come un punto essenziale per il corretto funzionamento della Centrale Unica di Committenza al fine di scongiurare ipotesi di interruzione dell'iter amministrativo e delle procedure di gara le quali potenzialmente possono creare notevoli ritardi nell'aggiudicazione e possibili danni agli interessi collettivi sottesi alla procedura di gara.
In conclusione, la messa a regime del sistema della Centrale Unica di Committenza richiederà uno sforzo collettivo da parte dei diversi protagonisti (pubblici e privati) del mondo degli appalti pubblici affinché tale strumento non si trasformi in un'ulteriore appesantimento burocratico di un procedimento già di per sé complesso, ma come un mezzo per rendere più efficiente ed efficace l'iter di un'evidenza pubblica in coerenza con gli obiettivi posti dal Legislatore alla base dell'introduzione dell'istituto in commento.