di Lucia Pitzurra.
La Riforma introdotta dalla legge 56/2014 ha superato il vaglio della Corte Costituzionale che, con sentenza n.50/2015, ha decretato la necessaria istituzione- di competenza statale- dell’ente Città Metropolitana, ai sensi del riformulato art. 114 Cost. In attesa della riforma del titolo V della Costituzione, le province diventano "enti territoriali di area vasta",
con il presidente della provincia eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia. Permangono solo due livelli amministrativi territoriali a elezione diretta: Regioni e Comuni. Di contro alla favorevole valutazione della l. n. 56/2014 sul piano della compatibilità costituzionale, è da registrare la mancata piena attuazione delle disposizioni relative al riordino delle funzioni: la l. n. 56/2014 aveva fissato al 31 dicembre 2014 il termine ultimo per le Regioni per approvare le proprie leggi di riordino delle funzioni delegate o trasferite alle Province. Il termine è scaduto senza che nessuna Regione abbia dato corso a quanto normativamente stabilito. Allo stato, hanno emanato la prescritta legge regionale 4 Regioni. Tutte le altre hanno avviato l’iter di approvazione in Giunta e nelle Assemblee legislative. La Legge di stabilità 2015 interviene ad interrompere bruscamente il processo di attuazione della l. n. 56/2014, poiché prevede il versamento allo Stato da parte delle Province di 1 miliardo per il 2015, 1 ulteriore miliardo per il 2016 e 1 ulteriore nuovo miliardo per il 2017, incidendo per oltre il 15% sulla spesa totale delle Province. Ad avviso dell’UPIin contrasto anche con il d.p.c.m. adottato il 26 settembre 2014, che conferma quanto stabilito dalla legge, specificando all’art. 2, co. 4 che “in esito all’attribuzione delle funzioni ai sensi dell’articolo 1, comma 89, della Legge, le amministrazioni interessate concordano, entro i termini previsti e secondo le modalità stabilite dalle Regioni, tenendo conto del documento validato di cui al comma 3, il trasferimento dei beni e delle risorse, ivi comprese le risorse assegnate dallo Stato in conto capitale o interessi. L’UPI osserva che la medesima legge di stabilità impone un taglio della spesa, ma non del personale, che nel frattempo resta a carico delle Province, in attesa di ricollocamento presso lo Stato, le Regioni e i Comuni; le Province, nel 2015, si trovano quindi a dovere gestire gli stessi servizi, poiché nessuna legge regionale è stata approvata, con 1 miliardo in meno di spesa e la spesa per il personale – circa 2 miliardi – che resta immutata.
La Riforma introdotta dalla legge 56/2014 ha superato il vaglio della Corte Costituzionale che, con sentenza n.50/2015, ha decretato la necessaria istituzione- di competenza statale- dell’ente Città Metropolitana, ai sensi del riformulato art. 114 Cost. In attesa della riforma del titolo V della Costituzione, le province diventano "enti territoriali di area vasta",
con il presidente della provincia eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia. Permangono solo due livelli amministrativi territoriali a elezione diretta: Regioni e Comuni. Di contro alla favorevole valutazione della l. n. 56/2014 sul piano della compatibilità costituzionale, è da registrare la mancata piena attuazione delle disposizioni relative al riordino delle funzioni: la l. n. 56/2014 aveva fissato al 31 dicembre 2014 il termine ultimo per le Regioni per approvare le proprie leggi di riordino delle funzioni delegate o trasferite alle Province. Il termine è scaduto senza che nessuna Regione abbia dato corso a quanto normativamente stabilito. Allo stato, hanno emanato la prescritta legge regionale 4 Regioni. Tutte le altre hanno avviato l’iter di approvazione in Giunta e nelle Assemblee legislative. La Legge di stabilità 2015 interviene ad interrompere bruscamente il processo di attuazione della l. n. 56/2014, poiché prevede il versamento allo Stato da parte delle Province di 1 miliardo per il 2015, 1 ulteriore miliardo per il 2016 e 1 ulteriore nuovo miliardo per il 2017, incidendo per oltre il 15% sulla spesa totale delle Province. Ad avviso dell’UPIin contrasto anche con il d.p.c.m. adottato il 26 settembre 2014, che conferma quanto stabilito dalla legge, specificando all’art. 2, co. 4 che “in esito all’attribuzione delle funzioni ai sensi dell’articolo 1, comma 89, della Legge, le amministrazioni interessate concordano, entro i termini previsti e secondo le modalità stabilite dalle Regioni, tenendo conto del documento validato di cui al comma 3, il trasferimento dei beni e delle risorse, ivi comprese le risorse assegnate dallo Stato in conto capitale o interessi. L’UPI osserva che la medesima legge di stabilità impone un taglio della spesa, ma non del personale, che nel frattempo resta a carico delle Province, in attesa di ricollocamento presso lo Stato, le Regioni e i Comuni; le Province, nel 2015, si trovano quindi a dovere gestire gli stessi servizi, poiché nessuna legge regionale è stata approvata, con 1 miliardo in meno di spesa e la spesa per il personale – circa 2 miliardi – che resta immutata.
Il processo in atto di riordino delle Province è stato avviato con
l’adozione del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 recante “Disposizioni urgenti per la
crescita, l’equità ed il consolidamento dei conti pubblici”.
L’art. 23
del citato decreto, nell’ambito delle azioni volte alla riduzione dei costi di
funzionamento, dell’amministrazione pubblica, introduceva due importanti
novità.
La prima novità consisteva nello svuotamento delle funzioni
tradizionalmente svolte dalle Province, che, ai sensi dello stesso art. 23,
venivano trasferite ai Comuni (entro il 31 dicembre 2012), con previsione, in
caso di mancata ottemperanza, dell’applicazione del potere sostitutivo previsto
dall’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 1317.
La seconda novità si riferiva al riconoscimento in capo alle
stesse Province delle sole funzioni di indirizzo e coordinamento delle attività
dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale.
Successivamente l’art. 17 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95
era tornato sulla disciplina del riassetto delle Province e del riordino delle loro
funzioni, in linea di continuità con l’impianto riformatore del d.l. n.
201/2011 (art. 23), specificando nuovamente le finalità perseguite dal disegno
di riforma, volto al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, imposti
dall’UE, ed in primis di quello del pareggio di bilancioIl successivo
art. 18 del d.l. n. 95/2012, a garanzia dell’efficace ed efficiente svolgimento
delle funzioni amministrative, prevedeva la soppressione di alcune Province
(Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio
Calabria), disponendo, a partire dal 1° gennaio 2014, la contestuale
istituzione delle relative Città metropolitane.
Le Province vengono confermate
quali enti di area vasta, titolari prevalentemente di funzioni di coordinamento
e di indirizzo e più limitatamente di compiti gestionali, peraltro, già
esercitati, che diventano fondamentali e ad ai quali se ne aggiungono di nuovi
rispetto a quelli storicamente attribuiti dalla legge statale o regionale o
trasferiti ovvero delegati11. Qualora vengano meno le esigenze di svolgimento
unitario le funzioni sono trasferite ai Comuni e, nel caso in cui, invece,
dovessero persistere, possono essere assunte dalle Regioni.
Fra le funzioni fondamentali, connesse all’erogazione di servizi
alle cosiddette realtà territoriali di area vasta, confermate in capo alle
Province, elencate al co. 85 dell’articolo unico della l. n. 56/2014, si
rammentano: a) pianificazione
territoriale provinciale di coordinamento e tutela e valorizzazione
dell’ambiente; b) pianificazione
dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in
materia di trasporto privato, costruzione e gestione delle strade provinciali e
regolazione della circolazione stradale; c) programmazione provinciale della rete scolastica; d) raccolta ed elaborazione di dati,
assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali; e) gestione dell’edilizia scolastica; f)
controllo dei fenomeni discriminatori in
ambito occupazionale e la promozione delle pari opportunità sul territorio
provinciale. In particolare, le funzioni di cui alle lettere a), b) e c)
sono delegate dalle Regioni, mentre la funzione di cui alla lett. e) è di
attribuzione statale. Alle anzidette funzioni fondamentali devono aggiungersene
due ulteriori non storiche introdotte dal comma 86: a) cura e sviluppo strategico del territorio; b) cura delle relazioni istituzionali con Province, Province autonome,
Regioni anche a statuto speciale ed Enti territoriali di altri Stati
confinanti, il cui territorio abbia caratteristiche montane.
La Provincia non darebbe vita ad un ordinamento diverso dai
singoli Comuni che la compongono e la sua natura di ente di secondo livello
sarebbe del tutto in linea con l’elezione indiretta dei suoi organi non
ammissibile per gli enti direttamente rappresentativi. Le Città metropolitane,
“ enti di area vasta”, a far data dal 1° gennaio 2015, subentrano alle Province
omonime e succedono ad esse in tutti i rapporti attivi e passivi e ne
esercitano le funzioni, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e
degli obiettivi del patto di stabilità interno.
Uno dei nodi da sciogliere nel processo di riordino, previsto
dalla l. n. 56/2014, è proprio quello del trasferimento, disciplinato dai cc.
91 e seguenti dell’art. 126, delle risorse finanziarie ed umane necessarie
all’espletamento delle funzioni diverse da quelle di cui al citato comma 85,
che lo Stato e le Regioni attribuiscono in attuazione dell’art. 118 della
Costituzione.
Nel percorso tracciato è intervenuta la legge di stabilità per il
2015, che avrebbe dovuto assicurare alle Province i fondi necessari da
corrispondere agli enti subentranti per le funzioni trasferite, ma che, in
concreto, in vista di una significativa e progressiva riduzione della spesa
corrente, ha imposto alle Province una serie di divieti per le assunzioni ed
una contrazione degli oneri per il personale, a prescindere dal completamento
della ridistribuzione di funzioni, fissando, altresì, una riduzione della
dotazione organica in misura pari al 30% ed al 50% della spesa sostenuta alla
data di entrata in vigore della l. n. 56/2014 per il personale di ruolo.
I tagli imposti dalla legge di stabilità si sono aggiunti a quelli
già previsti anche per il 2015 dal d.l. n. 66/2014 e sono intervenuti ancor
prima che fosse possibile conoscere la distribuzione delle competenze fra
Province, Città metropolitane ed altri enti. Per quanto attiene specificamente
alla spesa di personale, la riduzione è stata fissata con riferimento a quella
sostenuta alla data di entrata in vigore della l. n. 56/2014 (8 aprile 2014),
con una conseguente determinazione opelegisdella quota di personale cd. soprannumerario.
La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nella
riunione del 2 aprile 2015, ha approvato un documento che illustra la posizione
delle stesse in merito allo stato di attuazione della l. n. 56/2014.
Può aggiungersi che, con il DEF 2015, il Governo, nello
sciogliere positivamente il nodo delle clausole di salvaguardia, previste dalla
legge di stabilità 2015, attraverso la loro sterilizzazione, ha prefigurato
ulteriori tagli alla spesa pubblica per circa 10 mld/€. In tal modo le
criticità già evidenziate circa il percorso attuativo della l. n. 56/2014,
potrebbero risentire dell'ulteriore peggioramento del quadro finanziario dei
trasferimenti agli Enti territoriali.