di Paola Manca, Legautonomie.
I dati del gioco d’azzardo contenuti nel Libro Blu dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli sono quelli propri di una grande industria italiana: nel 2014 le giocate hanno raggiunto gli 84,4 miliardi di euro, la spesa effettiva è stata di 17,5 miliardi di euro, le vincite corrisposte di 66,9 miliardi.
Allo Stato, invece, sono andati 7,9 miliardi. Non a caso si dice che questa “impresa di Stato” si collochi al terzo posto, dopo l’ENI e la FIAT, nella classifica delle industrie nazionali. Sul versante della spesa regionale il Lazio è la seconda regione dove si spende di più con riferimento al gioco legale non virtuale: 1,8 miliardi è il dato del 2014, subito dopo la Lombardia (3,2 miliardi) e prima della Campania (1,6 miliardi). Inoltre, con una spesa pro capite di 1391 euro il Lazio è al terzo posto dopo l’Abruzzo e la Lombardia. Nonostante si sia registrata una leggera flessione dello 0,28% delle giocate totali dal 2013 al 2014 ( 243 mln di euro in meno rispetto al 2013) il settore dei giochi pubblici ha indubbiamente conosciuto una crescita incontrollata negli ultimi 10 anni, che ha interessato da vicino le amministrazioni locali e le nostre comunità, per i risvolti collegati alle pesanti ricadute sociali, alla tutela delle fasce più vulnerabili della popolazione, alle infiltrazioni mafiose, al decoro urbano, alla congruità con le scelte di pianificazione e sviluppo del territorio. I primi dati che saltano agli occhi sono quelli economici, di grandi fatturati che tuttavia non sono in grado di ricomprendere quella zona d’ombra rappresentata dal giro d’affari del gioco illegale, stimato in oltre 8 miliardi di euro (secondo la ricerca Il gioco d’azzardo e le sue conseguenze sulla società italiana.Il peso del gioco illegale nelle province italiane”di M. Fiasco, 2014), cifra che raggiunge il volume delle entrate erariali per tutti i giochi nel 2014. Ma, più di tutti, sono i dati sui costi e le ricadute sociali che richiamano l’attenzione di tutti, cittadini, associazioni, enti locali e Regioni, Governo, sulla necessità di regolamentare un settore dalle caratteristiche molto particolari, che interessa trasversalmente diverse materie ed esige un equo contemperamento di interessi di rilievo costituzionale (diritto alla salute, diritto alla libera iniziativa economica).
I dati del gioco d’azzardo contenuti nel Libro Blu dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli sono quelli propri di una grande industria italiana: nel 2014 le giocate hanno raggiunto gli 84,4 miliardi di euro, la spesa effettiva è stata di 17,5 miliardi di euro, le vincite corrisposte di 66,9 miliardi.
Allo Stato, invece, sono andati 7,9 miliardi. Non a caso si dice che questa “impresa di Stato” si collochi al terzo posto, dopo l’ENI e la FIAT, nella classifica delle industrie nazionali. Sul versante della spesa regionale il Lazio è la seconda regione dove si spende di più con riferimento al gioco legale non virtuale: 1,8 miliardi è il dato del 2014, subito dopo la Lombardia (3,2 miliardi) e prima della Campania (1,6 miliardi). Inoltre, con una spesa pro capite di 1391 euro il Lazio è al terzo posto dopo l’Abruzzo e la Lombardia. Nonostante si sia registrata una leggera flessione dello 0,28% delle giocate totali dal 2013 al 2014 ( 243 mln di euro in meno rispetto al 2013) il settore dei giochi pubblici ha indubbiamente conosciuto una crescita incontrollata negli ultimi 10 anni, che ha interessato da vicino le amministrazioni locali e le nostre comunità, per i risvolti collegati alle pesanti ricadute sociali, alla tutela delle fasce più vulnerabili della popolazione, alle infiltrazioni mafiose, al decoro urbano, alla congruità con le scelte di pianificazione e sviluppo del territorio. I primi dati che saltano agli occhi sono quelli economici, di grandi fatturati che tuttavia non sono in grado di ricomprendere quella zona d’ombra rappresentata dal giro d’affari del gioco illegale, stimato in oltre 8 miliardi di euro (secondo la ricerca Il gioco d’azzardo e le sue conseguenze sulla società italiana.Il peso del gioco illegale nelle province italiane”di M. Fiasco, 2014), cifra che raggiunge il volume delle entrate erariali per tutti i giochi nel 2014. Ma, più di tutti, sono i dati sui costi e le ricadute sociali che richiamano l’attenzione di tutti, cittadini, associazioni, enti locali e Regioni, Governo, sulla necessità di regolamentare un settore dalle caratteristiche molto particolari, che interessa trasversalmente diverse materie ed esige un equo contemperamento di interessi di rilievo costituzionale (diritto alla salute, diritto alla libera iniziativa economica).
Se i dati statistici parlano di 800.000 malati patologici da gioco d’azzardo (GAP-gioco d’azzardo patologico come definito dall’OMS) e di 3 milioni a rischio possiamo presumibilmente pensare che si sia data maggiore attenzione alla tutela della libertà di impresa (ricordiamo dell’“impresa di Stato”). Ed è proprio con l’obiettivo di arginare le conseguenze sociali del gioco d’azzardo e tutelare la salute dei cittadini che, in questi ultimi anni, tra le falde di una normativa nazionale obsoleta, almeno 7 Regioni tra cui il Lazio si sono dotate di una legislazione in materia (Legge Regionale 5 agosto 2013, n. 5 Disposizioni per la prevenzione e il trattamento del gioco d'azzardo patologico (GAP) e tanti Comuni, anche a livello associato, hanno utilizzato gli strumenti amministrativi a loro disposizione, quali regolamenti, ordinanze, piani di governo al fine di individuare fasce orarie di apertura e chiusura dei luoghi da gioco, definire distanze dai luoghi sensibili, introdurre divieti di pubblicità, usare la leva fiscale per disincentivare la diffusione del gioco d’azzardo. Molto spesso gli interventi dei Comuni sono stati oggetto di ricorso al TAR da parte dei gestori delle sale da gioco e spesso sono stati respinti per eccesso di competenza e invadenza di competenza statale (essendo il gioco pubblico, in quanto afferente alla materia dell’ordine pubblico di esclusiva competenza statale). La giurisprudenza che si è espressa in merito in questi anni è altalenante e meriterebbe sicuramente un separato approfondimento, in considerazione degli interessanti spunti offerti.
Rispetto alla mobilitazione e alle azioni messe in campo dagli enti locali è bene sottolineare come il fare rete da parte dei Comuni all’interno di un dato territorio replicando i provvedimenti adottati dai Comuni limitrofi si è rivelata una strategia vincente di fronte ai ricorsi al Tar: in questo senso, tanti sono stati gli appelli dei Sindaci a fare fronte comune attraverso l’ adozione di regolamenti e la promozione di azioni di informazione e sensibilizzazione della cittadinanza. In prima linea nella lotta al gioco d’azzardo il Comune di Formia, che ha adottato il regolamento sulle sale giochi a fine 2014 e invita i Comuni della zona, le associazioni di rappresentanza a mobilitarsi e sostenere l’azione dei Comuni. Un interessante e recente esperienza di collaborazione tra Comuni nel contrasto al gioco d’azzardo, replicabile in altri territori, viene dall’Emilia Romagna: 11 sindaci del distretto Pianura Est (Budrio, Argelato, Baricella, Bentivoglio, Castenaso, Castello d’Argile, Castel Maggiore, Galliera, Pieve di Cento, San Giorgio di Piano e San Pietro in Casale) hanno presentato un piano d’azione collettivo al fine di scongiurare la possibilità che gli esercizi del gioco d’azzardo si spostino da un Comune all’altro. Tra le azioni previste: interventi di sensibilizzazione e informazione, interventi di carattere socio sanitario, interventi repressivi. Ma sono tanti gli esempi e le esperienze portate avanti dai Comuni in questi anni.
I Sindaci e gli amministratori locali hanno trovato una piattaforma comune di riferimento nel Manifesto dei Sindaci per la legalità e contro il gioco d’azzardo promosso da Legautonomie, a cui aderiscono circa 700 Comuni da Nord a Sud Italia. Il Manifesto dei Sindaci rappresenta non solo uno strumento di condivisione di obiettivi, ma soprattutto una rete di confronto e di scambio da cui sono emerse le pratiche amministrative più interessanti a livello locale , le istanze e i punti su cui indirizzare l’azione di contrasto al gioco d’azzardo.
La legge di iniziativa popolare “Tutela della salute degli individui tramite il riordino delle norme vigenti in materia di giochi con vincite in denaro-giochi d’azzardo” per la quale sono state raccolte 93.194 firme e il cui testo (C. 2294) è stato inviato alle Commissioni XII e VI, è stato espressione di tale percorso, nato dal basso, e che ha avuto la capacità di convogliare le istanze delle amministrazioni locali.
Molti dei punti della legge popolare, nonché della Campagna Mettiamoci in gioco- cartello di associazioni a cui partecipa anche Legautonomie- sono contenuti nell’art. 14 della Delega fiscale, frutto di un grande lavoro di squadra all’interno del Parlamento e all’esterno con associazioni e cittadini, e di cui abbiamo molto apprezzato la portata. Nella delega sono ben definiti i punti fondamentali della legge di riordino dei giochi pubblici: tutela dei minori, divieto di pubblicità, legge quadro nazionale per fornire sostegno ai regolamenti comunali, lotta alle infiltrazioni mafiose e criminali nella gestione del gioco pubblico, riconoscimento delle iniziative no-slot. Il decreto delegato sui giochi è ancora al vaglio del Governo e dalla bozza che circola sembra che uno dei nodi ancora da risolvere sia proprio quello attinente al rapporto tra Governo ed enti locali. Se, infatti, il Governo riconosce la necessità di tutelare la salute pubblica riducendo l’offerta e stabilendo nuove regole di distribuzione soprattutto nei bar e nelle tabaccherie (si stima una riduzione delle macchinette tra le 80 e 100 mila), rispetto alla necessità di regole uniformi e trasparenti su tutto il territorio nazionale che, allo stesso tempo, garantiscano “…forme vincolanti di partecipazione dei comuni competenti per territorio al procedimento di autorizzazione e di pianificazione, che tenga conto di parametri di distanza da luoghi sensibili validi per l'intero territorio nazionale, della dislocazione locale di sale da gioco e di punti vendita in cui si esercita come attività principale l'offerta di scommesse su eventi sportivi e non sportivi, nonché in materia di installazione degli apparecchi idonei per il gioco lecito assicurando la salvaguardia delle discipline regolatorie nel frattempo emanate a livello locale che risultino coerenti con i principi delle norme di attuazione della presente lettera( art. 14 lett. e) Delega fiscale) si sta cercando di trovare un punto di equilibrio. I Comuni e le regioni chiedono che si tenga conto della legislazione regionale e dei provvedimenti comunali nel frattempo intervenuti e che venga rivista la bozza di decreto delegato nella parte in cui è previsto che “Gli Enti locali provvedono, nell’ambito delle competenze loro riconosciute, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice, ad adeguare i rispettivi statuti e gli atti normativi da essi emanati ai princìpi del presente codice” . Non si possono, infatti, ignorare gli interventi regolativi attuati da Regioni e Comuni, che rispondono ai bisogni e alle esigenze dei cittadini e dei territori. Tali interventi vanno sicuramente armonizzati in quadro nazionale, all’interno di un confronto necessario con Regioni e Comuni. Nel recente dibattito parlamentare è emersa la proposta di trovare un equilibrio tra il numero delle sale e il numero degli abitanti di un certo bacino. Questa potrebbe essere una soluzione su cui attivare il confronto e trovare la convergenza. Una volta trovato l’accordo sul numero, l’allocazione fisica delle sale così stabilite può essere fatta dagli enti locali, che hanno la responsabilità di gestione del territorio. E’ necessario, pertanto, non vanificare gli sforzi e le aspettative di quanti in questi anni si sono impegnati a contrastare gli effetti sociali del gioco d’azzardo, sia per tutelare la salute dei cittadini, che per rinsaldare il rapporto di fiducia tra Stato, regioni, Comuni, Associazioni, Cittadini.