La Legge di stabilità 2014 interviene sull'obbligo di contenimento della spesa del personale, previsto per gli enti locali, anche per le società da loro totalmente dipendenti (istituzioni, aziende speciali, società in house).
E lo fa con realismo, sottoponendo ai Consigli l'obbligo di emanazione di indirizzi alla definizione degli eventuali vincoli in materia. Quali sono i problemi aperti: l'equivoco del controllo "analogo". Ci ha pensato dunque L.n.147/2013 (Legge di stabilita 2014) a fare un po' di ordine nella caotica normativa riguardante l'estensione alle società partecipate dei vincoli in tema di spesa del personale.
Era
infatti con la legge n.133 / 2008 che il legislatore, all'art.18.2 bis, aveva
introdotto questa disposizione (che costituiva una novità) anche alle società a
partecipazione pubblica totale o di controllo degli enti locali le quali
fossero titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici senza gara,
aggiungendovi anche le società che svolgevano funzioni volte a soddisfare
esigenze di interesse generale, non aventi carattere industriale o commerciale,
ovvero che svolgevano attività strumentali alla PA e che erano inserite nel
conto economico consolidato individuato dall'ISTAT.
Ma è stata proprio l'indeterminatezza nell'individuare l'ambito soggettivo a rendere praticamente inapplicabile una disposizione peraltro giusta e coerente sia rispetto all'esigenza di equilibrio dei bilanci locali, sia con riferimento al rispetto dei vincoli di finanza pubblica. Ciò aveva altresì vanificato l'effetto della conseguente disposizione relativa al rispetto da parte delle suddette società partecipate locali del "patto di stabilità" previsto per gli enti locali proprietari o controllanti, introdotto dal successivo art.19, L .102/2009, oltre a neutralizzare la confusa formula prevista dall'art.4, c.11, DL. 95 /2012 della "spending review" sui tetti di spesa degli stipendi del personale delle società partecipate.
Questo coacervo normativo, rimasto inattuato in tutti questi anni ,ha subito un decisivo intervento chiarificatore ,come detto, con l'Introduzione della disposizione della nuova legge di stabilità (art.1, c.557).
Il pregio di questo intervento è duplice perché consente di precisare definitivamente l'ambito soggettivo in cui devono operare i vincoli alla spesa del personale (aziende speciali, istituzioni, società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo affidatari e di erette di servizi senza gara ,società strumentali) e di stabilire che tali vincoli debbano essere applicati dall'ente proprietario o controllante "nell'esercizio delle prerogative e dei poteri di controllo" previste dal legislatore, con proprio atto di indirizzo.
Su questo punto si sono prontamente pronunciate,al momento,due sezioni di controllo della Corte dei conti (Liguria, del 13 gennaio 2014 e Lombardia, del 23 gennaio 2014) qualificando questo intervento in funzione di indirizzo come manifestazione del potere di controllo delle società partecipate ai sensi dell'art.147 quater del TUEL e nella prospettiva del riscontro dell'azione delle stesse società partecipate ai fini del mantenimento degli equilibri di bilancio, come previsto dall'art.147-quinquagesima dello stesso TUEL.
Ma la disposizione richiamata affronta anche il cosiddetto ambito oggettivo e cioè il contenuto di tali vincoli.
Questi ultimi riguardano gli obblighi "di contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenze". Nel mirino dunque, oltre alle consulenze, ci sono, in particolare, le retribuzioni "individuali ed accessorie" rientranti nelle politiche retributive ed i vincoli assunzionali previsti per gli enti locali.
Entrando
maggiormente nel dettaglio, si può dire che: per gli incarichi professionali e
di collaborazione si devono applicare le disposizioni contenute nella l. n.
228/2012 (legge di stabilità 2013).
Quanto ai limiti assunzionali occorrerà far riferimento al l'obiettivo comune di mantenimento della spesa ai sensi dell'art.76 comma 7 DL 112/2008 (limite di spesa di personale per gli enti nei quali l'incidenza della spesa di personale sia pari o superiore al 50% delle spese correnti e divieto di procedere ad assunzioni di qualsivoglia titolo e tipologia contrattuale).
Ma il tema più complesso e certamente più delicato da affrontare sarà per gli enti locali interessati,quello della determinazione di indirizzo dei vincoli in materia di retribuzione individuale ed accessoria.
Per essi, infatti, posto come invalicabile quanto prevedono i singoli contratti nazionali di categoria di riferimento dei servizi gestiti dalle società partecipate in materia retributiva nazionale, dovranno essere individuate le linee di contenimento possibili all'interno del secondo livello di contrattazione e cioè in quello integrativo aziendale.
E' prevedibile che, al riguardo, si incontrino almeno due concrete difficoltà per gli enti locali nella definizione dell'azione di indirizzo.
La prima riguarda la tipologia delle retribuzioni individuali ed accessorie presenti nei vari contratti cui aderiscono le varie società partecipate. Esse, infatti, presentano caratteristiche molto diverse tra loro ma soprattutto sono molto differenti rispetto a quelle contenute nei contratti del personale degli enti locali; sicché potrebbe risultare assai problematico individuare quelle su cui effettivamente operare il contenimento degli oneri incidendo il meno possibile sull'efficienza del servizio gestito dalla società in questione.
La seconda concerne la natura della politica di indirizzo. Essa, infatti, avendo carattere preventivo dovrebbe operare in prospettiva e cioè per il futuro. Sarebbe pertanto difficile intervenire sulle prerogative economiche già in godimento da parte del personale in applicazione di contratti integrativi aziendali in corso.
C'è da domandarsi se gli enti proprietari e/o controllanti potrebbero avvalersi allo scopo attraverso il cosiddetto controllo "analogo" obbligatoriamente previsto per le società "in house" e strumentali che si esprime mediante un sistema complesso di azioni di controllo (preventivo, concomitante, successivo e finale) che dovrebbe avere riferimento al l'andamento delle gestioni economico-finanziaria delle società partecipate viste nell'ottica del controllo interno all'ente come se i servizi affidati fossero gestiti direttamente dagli enti locali stessi.
E' ben vero che a risolvere questi interrogativi gli enti locali interessati potrebbero invocare le prerogative del controllo sugli equilibri finanziari (e cioè agendo in forza dell'art.147- quinquies), qualora si ritenesse che essi fossero minacciati anche in ragione dei suddetti oneri contrattuali eccessivi. Per far questo, comunque, sarebbe necessaria una quantità di dati a sostegno dell'azione che sono tutt'altro facili da acquisire con la tempestività e la oggettività necessarie allo stato della contabilità degli stessi enti.
Sussiste poi anche un problema di metodo che chiama in causa senza dubbio le relazioni sindacali. Un aspetto anch'esso delicato data la non omogeneità dei livelli sindacali interessati.
Come agire, infatti, nei confronti delle organizzazioni di categoria di riferimento delle aziende in relazione alla determinazione di vincoli contrattuali specie se riferiti a contratti in essere? Lo strumento dell'informativa (che in linea di principio appare certamente il più idoneo) potrà evitare i possibili contenziosi?
Ma su tutti questi problemi sussiste un problema di merito. Gli indirizzi svolti dagli enti proprietari dovranno, infatti, essere rivolti a ciascuna società tenuto conto sia del l'esigenza del contenimento della spesa di personale ma anche avendo riguardo al mantenimento del l'efficienza e dell'efficacia dei servizi resi dalle società affidatarie.
Viene in rilievo, dunque, il tema relativo alla efficienza dei controlli, in particolare di quello "analogo", in termini di effettiva conoscenza delle dinamiche economico-finanziarie delle società, nonché della loro evoluzione gestionale.
Crediamo di poter dire, vista l'attuale situazione di indebitamento e di scarsa efficienza anche delle società interamente di proprietà pubblica e constatata la sostanziale incapacità degli enti proprietari a porre un freno a tale situazione degenerativa, che i sistemi di controllo finora attuati non hanno purtroppo funzionato e che, di certo, non sono serviti ad acquisire da parte degli enti stessi la necessaria cultura di tipo aziendale che occorrerebbe ora per mettere a punto politiche di indirizzo rigorose ma i termini di realismo aziendale.
Aggiungiamo che una delle ragioni si può ipotizzare stia proprio nel concetto, alquanto oscuro, su cui si basa il controllo"analogo". Il fatto che esso si debba basare sostanzialmente in una sorta di "fictio Iuris", quella cioè di vedere tutti i fenomeni economico -finanziarie, le relative evoluzioni gestionali delle società nell'ottica di una ipotetica, e sostanzialmente virtuale, delegazione interorganica con gli stessi enti proprietari in modo da considerare le realtà aziendali che per definizione dovrebbero essere dotate di autonomia imprenditoriale, come soggetti attuatori di servizi in gestione diretta, ha generato di fatto un equivoco: ritenere di controllare senza realmente incidere nella realtà aziendale. E' infatti sostanzialmente prevalsa una vision di tipo burocratico nell'azione di controllo che ne ha sostanzialmente vanificato gli effetti oltre a non permettere di creare un autentico valore di cultura aziendale locale.
Per affrontare le nuove scadenze che il legislatore ha opportunamente rimesso nelle mani degli enti locali nei confronti di un tema tanto importante quanto ostico quale è quello della politica delle risorse umane pur nell'ottica della doverosa limitazione della spesa, dovrà essere dunque recuperata la visione d'insieme in senso aziendale delle società partecipate recuperando le ragioni e le motivazioni della loro esistenza ,anche a costo di decidere la loro sparizione.
Solo
adottando questo metodo sarà possibile comprendere anche le dinamiche contrattuali
di secondo livello in modo da poter incidere effettivamente sui livelli
retributivi meno utili all'efficienza del servizio reso.
L'alternativa a questo "salto" di tipo culturale potrebbe rivelarsi ben più perniciosa: interpretare i vincoli come un sistema di tagli più o meno oculati e comunque improvvisati sull'onda del contenimento della spesa.
Questa
azione sarebbe foriera, oltreché di ulteriori tensioni sociali in sede locale, di
ulteriori inefficienze nei servizi locali fino a compromette la sussistenza
anche di società potenzialmente utili alla gestione di essenziali servizi
locali.