«Sono quasi cento i Comuni che si stanno
mobilitando. Abbiamo promosso un ricorso al Tar, ma con l’obiettivo di arrivare
alla Corte Costituzionale, sulla legge di stabilità e sul riparto del fondo di
solidarietà nazionale del 2019 per i nostri Comuni». A parlarne con Orientamenti Amministrativi è Micaela Fanelli, consigliera della
Regione Molise, questo pomeriggio in occasione della tavola rotonda
‘Regionalismo differenziato: autonomia e solidarietà’. L’incontro che ha visto
la partecipazione di parlamentari nazionali ed europei del Partito Democratico,
amministratori locali e militanti per parlare di regionalismo differenziato e
valutare proposte da presentare alla nuova dirigenza. Secondo la consigliera
Fanelli, il riparto storico del 2018 confermato per il 2019 con una
formulazione impropria della legge di stabilità non garantisce i Comuni e
mancano risorse per arrivare al livello delle prestazioni dei LEP in modo
eguale su tutto il territorio. «Ad esempio, solo i comuni del Molise avrebbero
bisogno di ulteriori 23 milioni di euro per arrivare alla copertura integrale
dei livelli essenziali di prestazione» spiega Fanelli. «A chiederlo al Tar non
sono solo molti comuni molisani, ma anche campani, calabresi, pugliesi. In
questo modo riusciremo a far avere più risorse ai comuni e a raggiungere, poi,
l’obiettivo di bloccare il percorso di regionalismo differenziato non solidale».
Per Giuseppe Falcomatà,
sindaco di Reggio Calabria e delegato Anci al Mezzogiorno: «così com’è stato
concepito, il regionalismo differenziato non è nient’altro che una secessione
dei ricchi a danno delle regioni più povere». In tal senso, non farebbe altro
che aumentare il gap già esistente tra le regini del nord e quelle del sud.
«Non è questo il modo di parlare di autonomia» ha spiegato Falcomatà
riferendosi alle intese per le autonomie differenziate di Lombardia, Veneto ed
Emilia Romagna. «In questo momento si dovrebbe parlare di solidarietà e
consentire alle regioni del sud di raggiungere i cosiddetti LEA (livelli
essenziali di assistenza) in maniera ottimale, per poter poi ragionare su un
regionalismo differenziato che possa mettere in luce le peculiarità che
differenziano il nostro Paese». Anche la Calabria è tra le regioni che hanno
approvato una mozione in consiglio su una «violazione di alcuni principi
costituzionali da parte di questo tipo di regionalismo».
Ma le differenze tra l’impostazione emiliano - romagnola
e l’impostazione data in Lombardia e Veneto sono evidenti e hanno un obiettivo
politico differente. A sottolinearlo nel suo intervento è stato Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e
presidente di Legautonomie: «L’obiettivo politico lombardo – veneto crede in
qualche modo di portare avanti l’idea di autonomia territoriale che la Lega ha
sempre avuto, mentre l’idea emiliano – romagnola è quella di trovare una
risposta concreta e realistica all’autonomismo solidale». Ma il problema di
fondo, secondo Ricci, consiste nell’impostare il tema dell’autonomismo
regionale pensando esclusivamente alle tre regioni italiane “senza capire quali
sono le implicazioni sul resto del sistema istituzionale italiano”, perché il
tema dell’autonomia sta dentro a un tema più generale di riforma delle regioni.
«Ma, in questo, manca un’idea di riorganizzazione complessiva delle regioni e
ci sono ancora molti dubbi sul futuro delle province. La nostra proposta è di
non tornare indietro sull’elezione indiretta, di condividere le province come casa
dei comuni, ma, essendo rimaste in Costituzione, attribuiamo loro delle
funzioni chiave e facciamole diventare luogo di semplificazione amministrativa.
Dovremo mettere in campo un’idea di riorganizzazione istituzionale organica
dopo il referendum» ha concluso Ricci.
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